Dopo alcune ore il Tribunale di Napoli, attraverso il Gup Luca Battinieri, che già si era riservato di decidere, mercoledì scorso con un apposito provvedimento, ha respinto formalizzandola, la richiesta di patteggiamento avanzata dai legali di Stefano Mariotti, imputato per omicidio preterintenzionale, ai danni dell’anacaprese Giovanni Masturzo, il quarantacinquenne di  Anacapri, morto nel letto dell’ospedale San Giovanni Bosco di Napoli, a seguito di un pugno sferrato con incredibile forza e cattiveria. Il 22 novembre scorso il legale di Stefano Mariotti, Veronica Paturzo del Foro di Roma, aveva richiesto nuovamente il patteggiamento, strappando un possibilistico si del Pubblico Ministero Maria Carolina De Pasquale, per una pena a 4 anni di reclusione. Il Gup Luca Battinieri, su insistenza della parte civile, l’avvocato Roberto Tropenscovino, aveva sposato la tesi dell’importanza di rivedere i filmati per avere certezza che la vittima, l’anacaprese Giovanni Masturzo, non avesse provocato quella che l’imputato definisce una reazione al fatto, spalleggiato nella dichiarazione di Maria Teresa Trocciaavrebbe colpito il Mariotti alla testa/fronte col casco che aveva in mano e che, quindi, quest’ultimo si sarebbe sostanzialmente limitato a reagire al colpo subito”, quindi, che si sarebbe difeso.

Sarebbe stato vergognoso, per quel sentimento che è la giustizia, che un’accusa di omicidio preterintenzionale venisse ridotta ad una pena di 4 anni, poiché, davanti a questa sanzione, per la vita di un essere umano, Stefano Mariotti, non avrebbe scontato neanche un giorno di carcere. Infatti, avrebbe potuto usufruire della possibile sospensione dell’ordine di carcerazione, in alternativa lo sconto della pena con l’affidamento ai servizi sociali, semilibertà o arresti domiciliari. In ogni caso, davanti ad un vita persa, sarebbe stata una pena irrilevante, ovvero, un caso di giustizia non giusta. In effetti, la richiesta di patteggiamento del legale di Stefano Mariotti, di chiudere con un colpo di spugna la vicenda e con una pena a 4 anni, scaturisce dall’imputazione di omicidio preterintenzionale ove è previsto dagli articoli del codice penale 584: chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli articoli 581 e 582 (1), cagiona la morte di un uomo (2), è punito con la reclusione da dieci a diciotto anni. In caso di rito abbreviato, il patteggiamento, la pena per il reato di omicidio preterintenzionale, prevede la reclusione da dieci a diciotto anni per ottenere uno sconto di un terzo e non avendo precedenti penali a suo carico, con le attenuanti generiche, ulteriormente un terzo di sconto di pena, riducendo la condanna a pochi anni per aver stroncato la vita a Giovanni Masturzo, proprio i 4 anni proposti dal suo legale ed accolti dal Pubblico Ministero. Dall’autopsia del corpo di Giovanni Masturzo, che inchioda l’imputato, è emerso con chiarezza che la morte del giovane anacaprese è stata determinata dalle conseguenze di quel pugno. L’avvocato Roberto Tropenscovino, parte civile dei familiari della vittima, anche davanti al fatto che l’omicida, attraverso il suo legale, aveva concordato il patteggiamento della pena a 4 anni con il Pubblico Ministero, non si è perso di coraggio, si è battuto ed alla fine di questa fase del processo l’ha vinta, respingendo la richiesta di patteggiamento. E’ agghiacciante che davanti alla morte di Giovanni Masturzo, la sua ex fidanzata, Maria Teresa Troccia abbia spalleggiato il suo attuale amore, l’omicida Stefano Mariotti, rendendo dichiarazioni a tal punto di riferiche una verità diversa, ovvero che la vittima avesse colpito con il casco al volto del Mariotti e quindi, dando una spiegazione che quel pugno era stato sferrato dopo essere stato colpito, il pugno è costato la vita al Masturzo.

Stefano Mariotti,

Giovanni Masturzo

Dai filmati esibiti in Tribunale stamane ed osservati con grande attenzione dal Gup Luca Battinieri si vede, chiaramente, che Giovanni Masturzo, con fare neppure aggressivo, si era limitato a brandire il casco come per invitare Stefano Mariotti ad allontanarsi, ma emerge che trascorrono diversi frangenti prima che l’imputato infligga il fendente mortale, quindi, non una reazione ad un’aggressione, bensì sembra proprio il modus operandi di un palestrato. Giovanni Masturzo, quella sera, proveniva dal Faro, dove aveva festeggiato un addio al celibato di un suo caro amico ed era in stato di ebbrezza. Questo avrebbe dovuto evitare la reazione dell’omicida comunque sproporzionata, poichè ha causato la morte di un essere umano. Il Gup Luca Battinieri, ha anche valutato, che lo stato d’indigenza, professato da Stefano Mariotti, è stato accompagnato da una documentazione a scongiurare, seppur davanti alla morte di un essere umano non si dovrebbe mai parlare di denaro, ma lo prevede la legge, un risarcimento del danno economico. Quindi, la richiesta di patteggiamento, che avrebbe rappresentato un colpo di spugna, poteva basarsi solo sul fatto che l’omicida è incensurato, un po’ poco, troppo poco e quindi nessun colpo di spugna. E’ agghiacciante che la Troccia,  davanti alla morte di un giovane così buono, abbia mentito spudoratamente per salvare Stefano Mariotti dalle sue responsabilità, mentre, quel suo ormai passato amore, era su un letto di marmo freddo. Come si può mentire davanti alla morte? Questo lo sa solo la Troccia. Certamente la giustizia esiste ed ora davanti all’udienza di mercoledì scorso, probabilmente il 17 gennaio 2019, il legale di fiducia di Stefano Mariotti produrrà una nuova richiesta di patteggiamento o accetterà di iniziare il processo con il rito ordinario. In entrambi i casi, siccome le prove prodotte dai Carabinieri della Stazione di Anacapri, diretti dal Luogotenente Cristoforo Perilli, sono lapidarie e suffragate dalle immagini che depongono contro l’omicida, anche se non se ne può presumere il tempo, apriranno le porte del carcere. Tra l’altro in caso di rito ordinario, scatterà anche la consapevolezza psicologica che Stefano Mariotti era convinto che con il patteggiamento non avrebbe scontato neanche un giorno di carcere, potrebbe ritenere di sottrarsi al processo rendendosi irreperibile e quindi facendo scattare quelle esigenze cautelari che mai sono state richieste perchè questi, a modo suo e della sua fidanzata, avrebbe collaborato alle indagini senza dare motivo di nessuna richiesta di misura cautelare. A parte la posizione di Stefano Mariotti, Maria Teresa Troccia è indagata di reato connesso, ovvero ex art. 371bis del codice penale, del reato di false informazioni al pm, dove viene punito “chiunque, nel corso di un procedimento penale, richiesto dal pubblico ministero o dal procuratore della Corte penale internazionale di fornire informazioni ai fini delle indagini, rende dichiarazioni false ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito”. Per questo reato è prevista una pena con la reclusione fino a quattro anni. Un procedimento penale, quello a cui verrà sottoposta la Troccia, che resta sospeso fino a quando non è pronunciata la sentenza di primo grado per Stefano Mariotti. Tra l’altro, a quanto indicato sul suo profilo facebook, Maria Teresa Troccia lavorerebbe presso il Ministero degli Interni come assistente, e che belli assistenti!