15. Solo per grazia – La Buona Notizia della V Domenica del Tempo Ordinario
10 febbraio 2019 – a cura di don Carmine del Gaudio

Il processo di crrscita è attivato ed è iniziato. Partendo prpro dalla Sinagoga di Nazareth inizia il percorso che il Signore ha tracciato anche per noi cristiani. Siamo chiamati con una vocazione personale e nello stesso tempo ecclesiale. Il Signore ci chiama per inviarci ai fratelli. Faccio riferimento per un istante al recente sorico viaggio di Papa Francesco negli Emirti Arabi. “inviato” anche Lui è andato ed ha segnato, con La Dichiarazione congiunta, una pietra miliare nel percorso con l’Islam. Su questa linea di muove il Vangelo con Gesù ed i suoi Apostoli, su questa linea si muove il Concilio che dopo 50 anni circa dalla conclusione continua ad offrire segni della vitalità evangelica nel mondo moderno.
Questa l’essenza della vovazione: andare ma non per la nostra forza, bensì per la forza che viene dallo Spirito di Dio: andare per annunciare il Vangelo, nostra unica forza, nostra unica spinta.
Dal libro del profeta Isaìa (6, 1-2. 3-8)
Nell’anno in cui morì il re Ozìa, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali. Proclamavano l’uno all’altro, dicendo: «Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria». Vibravano gli stipiti delle porte al risuonare di quella voce, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi: «Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti». Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò la bocca e disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato». Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!».
Inevitabile che di fronte ad una chiamata che viene dall’alto, e con i contorni ben definiti dalla grazia che sorpassa ogni volere umano, l’uomo avverta la sua fragilità. Sfido chinque a non avvertirla! L’ha avvertita anche il profeta che candidamente dice a Dio ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito…Dio rimuove con la sua potenza d’amore ogni ostacolo: Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò la bocca e disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato». Ora sei pronto per Dio, profeta. E quando Isaia ode la voce del Signore che si chiede e chiede alla storia di vtutti i tempi: «Chi manderò e chi andrà per noi?» il profeta risponde «Eccomi, manda me!». Oggi questa voce che è il desiderio di Dio di arrivare al cuore di ogni uomo, arriva anche al nostro spirito e chiede la nostra personale risposta: «Eccomi, manda me!».
La vocazione del credente, ancora oggi è sottolineato l’aspetto profetico, è legata intimamente al Vangelo, di cui deve avvertire ìurgenza di portarlo fino agli estremi confini della terra (liturgia di domenica scorsa).
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (15, 1-11)
Vi proclamo, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano! A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me. Dunque, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto.
Chiave del testo mi sembra possa essere il passaggio di Paolo: A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. L’apostolo è prima di tutto il destinatario del Vangelo che è Gesù. È stato annunciato a Lui e chiede di essere portato a tutti gli altri. La forza del Vangelo non è per pochi per per coinvolgere tutti, specialmente i poveri che aspettano il riscatto della dignità, i malati che hanno bisogno della guarigione, gli sbandati che hanno bisogno di una luce interiore per le scelte fondamebtali della loro esistenza. Il Vangelo opera tutto questo. Nonostante la fragilità dell’uomo, che pure si fa avveritre in tutta la drammaticità.
Come ci ricorda appunto il Vangelo:
Dal vangelo secondo Luca (5, 1-11)
In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
Alcuni passaggi vorrei sottolineare: ci riguardano da vicino.
La gente attorno a Gesù chiede il Vangelo della Parola che salva: e sono folle! Questa Parola conforta, convince, annuncia, apre un orizzonte di pace in cui l’uomo si ritrova. Gesù, non dimentichiamolo mai, parla con autorità, è credibile: perché la Sua Parola è alimentata dalla vita, non sono solo suoni che volano sulla testa della gente ma penetra nei loro cuori.
Pietro, pescatore, non esita a presentare, anche lui povero come gli altri poveri che Gesù incontra, la frsgilità che ora è anche fallimento: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma è Gesù, il Maestro, il Figlio di Dio che gli ha detto «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». A uesto punto non c’è fallimento che tenga. Occorre obbedire al Maestro: sulla tua parola getterò le reti. E non ha sbagliato: si è fidato di Gesù, totalmente. Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Questa è la risposta che Gesù sa donare: e non solo ai suoi aposoli. Ma anche a tutti noi. Solo se ci sappiamo fidare di Lui, solo se sappiamo mettere tutto nelle sue mani onnipotenti.
Pietro, stupito di quanto avvenuto sente ancora di più il peso della sua umanità, della sua fragilità: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Non si sente degno di tanta benignità.
Gesù lo rassicura e rilancia la sua benevolenza che h chiamato Pietro e gli altri a seguirlo: «Non temere; d›ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono. Così si arrendono definitivamente a Gesù e lo seguiranno, lo annuncieranno al mondo intero.
È così delineata la nostra chiamata. Tutta la dinamica della chiamata dipende dalla gratuità che riveste questa iniziativa di Gesù. Anche a noi oggi Gesù dice di non temere: non temere la nostra umanità perché non è un peso, non temere la nostra fragilità ed i nostri fallimenti non sono un castigo ma una realtà che prepara l’onnipotenza dell’amore.
Coraggio amici: lasciamoci prendere da questo Maestro di verità e portiamolo a tutti. Tanto tutto quello che saremo capaci di fare lo faremo “solo per grazia”.