La nostra vita continuamente si deve misurare con la scelta. Così dicevamo domenica scorsa alla luce di una proposta, quella di Gesù, che chiede un coraggio, il coraggio dell’amore che sa andare oltre, sa spaziare verso l’orizzonte.
Le scelte non sono facili, mai. E costano una certa fatica che richiede all’uomo di avere una forza interiore. Ma proprio nella lotta che accompagna le scelte, l’uomo dimostra la sua fede.
La scelta, illuminata dalla fede, permette di dimostrare chi è il vero discepolo: dal momento che la liturgia di oggi insiste ancora sull’essere discepoli di Gesù. La nostra vita non possiamo gestirla da soli: abbiamo bisogno di una guida. Così si diventsa discepoli! Chi vuole condurre da solo la propria vita è un cieco che conduce un cieco; il buon frutto si trova su di un albero solido, e si è sempre cattivi giudici di se stessi se qualcuno non ci aiuta. Il maestro è Gesù, e noi siamo i suoi discepoli, cioè coloro che si lasciano istruire da lui, che riconoscono la sua autorità sovrana e si fidano delle sue parole.
Le beatitudini devono guidare la nostra vita: questo il principio vitale del discepolato. Il vangelo di oggi vuole aiutare questo principio nella sua realizzazione.
E non bisogna dimenticare che la vita morale se non vuole essere ed esaurirsi in un vuoto moralismo, deve ricordare che occorre l’incontro: la legge di Dio, ricorda san Paolo è opera del Signore, che si lascia incontrare da ciascuno di noi mentre Egli viene per primo incontro a noi, non fatica inutile e vuota come l’obbedire esternamente ad una norma. Gesù domenica scorsa ci chiede di essere misericordiosi perché il Padre è misericordioso: per cui il nostro agire è conseguenza dell’incontro che abbiamo avuto con Dio.
La Parola di Dio ci invita a puntare sempre in alto. In tutto il nostro agire.
Oggi possiamo sintetizzare il messaggio sull’invito che Gesù ci rivolge: vuole che siamo aquile per volare alto e non mescolarci come le oche del Campidoglio (di romana memoria!). guardare in alto gurdano a chi si comporta meglio di noi (leggi i Santi, di ieri e di oggi, anche quelli della porta accanto) e non confrontarci con gli è peggio di noi.
Volare alto: ecco il primo passaggio:
Dal libro del Siracide (27, 5-8)
Quando si scuote un setaccio restano i rifiuti; così quando un uomo discute, ne appaiono i difetti. I vasi del ceramista li mette alla prova la fornace, così il nodo di ragionare è il banco di prova per un uomo. Il frutto dimostra come è coltivato l’albero, così la parola rivela i pensieri del cuore. Non lodare nessuno prima che abbia parlato, poiché questa è la prova degli uomini.
Ogni scelta richiede un “sì” e tanti “no”. E quando questo avviene dimostriamo che i frutti sono quelli che vuole il Signore: Il frutto dimostra come è coltivato l’albero e ancora la parola rivela i pensieri del cuore. Gesù ci invita a guardare i fatti reali non i sogni che ci passano per la testa.
È bello rendere grazie al Signore e cantare al tuo nome, o Altissimo, annunciare al mattino il tuo amore, la tua fedeltà lungo la notte. Il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano; piantati nella casa del Signore, fioriranno negli atri del nostro Dio. Nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno verdi e rigogliosi, per annunciare quanto è retto il Signore, mia roccia: in lui non c›è malvagità. Così ci fa pregare il Salmo 91.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (15, 54-58)
Fratelli, quando questo corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità, si compirà la parola della Scrittura: «La morte è stata inghiottita nella vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?». Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la Legge. Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo! Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, progredendo sempre più nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore.
Il Signore è la nostra forza e ci offre come finale la sua vittoria: ogni scelta per quanto sofferta porta sempre ad una vittoria finale in cui il premio è Dio stesso.
Il Vangelo odierno ci chiede una autenticità profonda.
Dal Vangelo secondo Luca (6, 39-45)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello. Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».
Veda il lettore come Gesù è chiaro: ci dice chiaramente e a muso duro: non guardare alla pagliuzza nell’occhio del fratello tu che hai una trave nell’occhio. Ed è vero! Quanta fatica ognuno di noi fa a riconoscere i suoi sbagli! Quanto siamo pronti a giustificarli, ad attenuarli! Ognuno di noi con se stesso è comprensivo e benevolo: invece con gli errori degli altri diventiamo spietati e giudichiamo con durezza eccessiva. Pensate che esagero? Ascoltatevi! Ascoltiamoci quando si tratta di parlare di un’altra persona, dei nostri vicini, dei nostri stessi amici. Sembriamo sempre troppo adolescenti, intenti a proteggerci per paura che qualcuno ci ferisca, sempre troppo concentrati a far apparire il meglio di noi per paura che gli altri non vedano il peggio. Liberi, amici, liberi! Siamo aquile fatte per volare, sbattiamo le ali! Dio ci dona ali di aquila per accogliere ciò che siamo con verità, per imparare ad amarci e ad amare gli altri con semplicità, per sapere che siamo capolavori in costruzione e durante i lavori in corso uno sopporta un po’ di polvere e di rumore. Impariamo a vedere noi stessi e gli altri così come Dio ci vede. Non si tratta allora di non giudicare le situazioni, di non esprimere pareri, no. Ma di cambiare il criterio di riferimento, di vedere le cose con lo sguardo pieno di speranza del Padre che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi. E’ una vera conversione quella che Gesù chiede, un cambiare del tutto l’atteggiamento, un guardare in modo diverso. Siamo tutti peccatori, siamo tutti figli: non abbiamo bisogno, come i bambini dell’asilo, di fare bella figura davanti alla maestra: un padre e una madre conoscono i difetti dei propri figli e amorevolmente li accettano e cercano – insieme – di migliorarli. (Paolo Curtaz). Essere adulti ci mette nella condizione di non aver paura di conoscerci come siamo e dimostrare quello che siamo. Il discepolo cammina per migliorarsi, per modificare tutto quello che dentro la propria vita non corrisponde a quello che vuole Dio.
Da un punto di vista spirituale puntiamo il nostro sguardo sulla correzione fraterna. È propria del discepolo adulto che non vuole ferire l’altro ma vuole il bene.
La correzione dei fratelli non solo è necessaria, è anche obbligatoria. Ci sono peròdelle modalità che vanno osservate, altrimenti i danni che si producono sono gravissimi. Chiaramente tutto sia fatto con estrema carità. Tutte le Lettere di San Paolo hanno un solo fine: correggere ogni deviazione, frutto di pensiero umano che si è introdotto nel mistero della fede. Camminare con una falsa fede, o una fede con elementi di non verità nel suo seno, compromette tutto il percorso. Paolo così scrive ai Tessalonicesi:
Noi invece, che apparteniamo al giorno, siamo sobri, vestiti con la corazza della fede e della carità, e avendo come elmo la speranza della salvezza. … il nostro Gesù Cristo… Egli è morto per noi perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui. Perciò confortatevi a vicenda e siate di aiuto gli uni agli altri, come già fate. Vi preghiamo, fratelli, di avere riguardo per quelli che faticano tra voi, che vi fanno da guida nel Signore e vi ammoniscono; trattateli con molto rispetto e amore, a motivo del loro lavoro. Vivete in pace tra voi. Vi esortiamo, fratelli: ammonite chi è indisciplinato, fate coraggio a chi è scoraggiato, sostenete chi è debole, siate magnanimi con tutti. Badate che nessuno renda male per male ad alcuno, ma cercate sempre il bene tra voi e con tutti. Siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male (1Ts 5,7-22).
Gesù stesso chiede la correzione, dona però una regola alla quale sempre ci si deve attenere. Poiché ogni suo discepolo è chiamato alla correzione dei fratelli, lui è obbligato ad essere irreprensibile in ogni cosa. La sua esemplarità dovrà essere perfetta nella dottrina, nella morale, nelle parole, nelle opere, dinanzi a Dio e agli uomini. Uno che ha bisogno di essere riportato sulla retta via non può pretendere di correggere l’altro. Anche se volesse, non potrebbe. Gli mancano le virtù per farlo. Sempre si corregge dalla verità, dalle virtù, dalla santità, dall’osservanza della Parola, dall’obbedienza ai Comandamenti, da una vita evangelicamente corretta. Si corregge avendo gli occhi dell’amore del Padre, il cuore di Cristo e della sua carità crocifissa, la sapienza dello Spirito Santo. Se fatta dalla luce evangelica la correzione produrrà sempre buoni frutti. La correzione prima di ogni cosa deve illuminare la mente con la purissima conoscenza della verità del mistero di Cristo Gesù, nel quale è racchiuso ogni altro mistero e dal quale ogni mistero si conosce nella sua scienza più perfetta. Alla luce sul mistero di Gesù sempre si deve aggiungere la sana moralità che da esso scaturisce. Quando vi è confusione morale è segno che vi è confusione nella luce del mistero di Gesù. Oggi la confusione regna a livello universale perché chi soffre è il mistero di Cristo.
Facciamo dipendere tutto da Cristo e la nostra opera di correzione porta sempre buon frutto.