Martedì scorso il legale dell’architetto Massimo Stroscio, l’avvocato Mario Del Savio, che dal 7 agosto è agli arresti domiciliari, ha chiesto Appello al Tribunale del Riesame affinchè fosse concessa al suo assistito, che è stato anche sospeso dal servizio al Comune di Capri, ove era il responsabile dell’ufficio tecnico e di urbanistica, di cambiare la misura degli arresti domiciliari in divieto di dimora a Capri. Il giudice si è riservato di pronunciarsi nei prossimi giorni. Misura questa che per questa stessa vicenda ha anche colpito il costruttore caprese Biagio Gargiulo e l’imprenditore Silverio Paone che fa parte dell’omonima famiglia creatrice del brand internazionale sartoriale Kiton. Questi ultimi indagati sono stati colpiti dal divieto di dimora nel Comune di Capri.

I Carabinieri della Compagnia di Sorrento, guidati dal capitano Marco La Rovere unitamente a quelli della Stazione di Capri in un’operazione simultanea il 7 agosto bloccarono a Napoli l’imprenditore Silverio Paone che ha un’appartamento oggetto della vicenda che ha interessato gli investigatori e magistrati, il costruttore caprese Biagio Gargiulo e l’architetto Massimo Stroscio, ex responsabile dell’ufficio tecnico e di urbanistica, perquisendo abitazioni ed uffici e sequestrando computer e telefonini, che potrebbero raccontare il rapporto tra i tre. I tre, sono accusati di frode processuale, falso ideologico e falso materiale, commessi in concorso. I reati contestati ai tre indagati sono raccolti in un corposo fascicolo del Pubblico Ministero Maria Carolina De Pasquale e accolte dal gip del Tribunale di Napoli Isabella Iaselli. Quando i tre sono comparsi davanti al Gip per la convalida delle misure cautelari, arresto ai domiciliari e divieto di dimora, il giudice che doveva vagliare la loro posizione era in ferie e quindi il Gip che sostituiva la Iaselli, Claudio Marcopide si è limitato a confermare il provvedimento, rigettando la richiesta delle parti di misure alternative se non la libertà. L’accusa mossa all’ex responsabile dell’ufficio tecnico e di urbanistica del Comune di Capri è che avrebbe organizzato una finta verifica per attestare che alcuni lavori abusivi nella villa alla Cercola dell’imprenditore Silverio Paone in occasione del ripristino, come richiesto da quest’ultimo, fosse stato effettuato a regola d’arte dal costruttore Biagio Gargiulo. I Carabinieri della Stazione di Capri avevano riscontrato l’esecuzione nella villa di Silverio Paone di opere abusive apponendo i sigilli, dopo qualche settimana il proprietario chiede alla Procura di ripristinare lo stato dei luoghi eliminando gli abusi stessi, ed il 23 marzo di quest’anno l’architetto Massimo Stroscio per verificare ciò accompagnato dai Carabinieri effettua un saggio su una parte, un solo foro su una parete molto lunga e attesta che il ripristino era stato fatto.

Il costruttore Biagio Gargiulo doveva riempire per il suo cliente Silverio Paone un locale di 38 metri quadrati che era stato ricavato in modo illegale per ampliare la villa. Un riempimento fittizio, così come verificheranno i Carabinieri della Stazione di Capri, che, a giugno scorso, tornaro sul luogo dell’abuso con un altro tecnico, l’ingegnere Salvatore Rossi, che richiedendo più saggi, più fori in punti diversi, venne scoperto che il ripristino era fittizio e che il volume era lì per poi probabilmente con il passar degli anni diventare nuovi volumi da annettere alla villa. Su 38metri quadrati Massimo Stroscio fece un saggio di soli 55 centimetri.

I Carabinieri in sede di sopralluogo d’accordo con il Pubblico MInistero nominano l’ingegnere Salvatore Rossi, “ausiliario di polizia giudiziaria”, vincolandolo all’obbligo del segreto istruttorio, quindi senza poter riferire al suo dirigente, che, però fa di tutto per poter avere notizie. In effetti in quella villa dove non ci sarebbero dovuti più essere i volumi abusivi in corrispondenza (così si legge nelle carte della magistratura) “del foro praticato a marzo, era stato realizzato un manufatto di soli 55 centimetri di larghezza e due metri di altezza, con sponde di legno e riempito in terra, un baldacchino in corrispondenza del foro praticato in occasione della prima verifica, che ha tratto in inganno gli inquirenti. Era una sorta di microripristino dello stato dei luoghi da utilizzare come specchietto per le allodole. C’è la concreta possibilità che tali condotte non costituiscano un caso isolato, vista la professionalità e l’acutezza delinquenziale dimostrata da soggetti pur incensurati”.