GIU’ LE CASE AD ANACAPRI
NON RESTA NULLA DA FARE
il Tribunale si pronuncia: demolire l’immobile abusivo

Il Comune di Anacapri, l’amministrazione comunale, per ovvi motivi, non ha reso noto l’esito del contendere giudiziario con il Tribunale di Napoli in merito ad un ennesimo abbattimento di un immobile di un privato cittadino, G.C.. che aveva costruito abusivamente oltre vent’anni fa.
Il dispositivo emanato il 17 dicembre scorso era giunto al Comune di Anacapri alla vigilia di Natale, il 24 recante la firma del Sostituto Procuratore della Repubblica Domenico Musco con il visto del Magistrato Coordinatore dell’Ufficio Demolizione Nunzio Fragliasso.
Davanti a questo provvedimento il Comune di Anacapri certamente farà appello anche perchè molto probabilmente nella stessa situazione di G.C.. potrebbero trovarsi qualche centinaia di cittadini, i cui sogni di avere un tetto sulla testa da offrire ai propri familiari e principalmente figli si sta frantumando giorno dopo giorno. Più che un dispositivo sembra quasi un atto di accusa al Comune di Anacapri che non sarebbe riuscito a salvare dall’abbattimento l’immobile perchè la procedura adottata è in contrasto con l’operato delle amministrazioni comunali almeno di ventidue anni. La situazione in merito agli abbattimenti ad Anacapri è esplosiva e da una parte i politici preferiscono quasi sviare l’attenzione dei cittadini tra inaugurazioni e proclami mentre dall’altra si rendono conto che c’è ben poco da fare, anche, perchè, le responsabilità politico amministrative sono tante e tanto grandi. L’amministrazione comunale non può dire alla Magisatratura di essere dalla parte dei cittadini e quindi si limita ad effettuare procedure di salvaguardia dei cittadini abusivisti senza però dare minimamente l’impressione alla Magistratura stessa di essere pronta anche ad eclatanti azioni pur di difenderne i diritti in un luogo dove da almeno qualche decennio costruire abusivamente è sembrata la regola che non è stata mai scoraggiata, basta pensare che le amministrazioni comunali hanno teso a migliorare la viabilità verso zone prima imprervie dove sono stati realizzati gli abusi. Cosa accadrà nei prossimi giorni ad Anacapri è una grande preoccupazione dei politici anche perchè il problema degli abbattimenti può dare vita non più a comitati casa come quello recentemente costituitosi davanti al primo inarrestabile abbattimento bensì davanti ad una sollevazione popolare che possa far crollare le amministrazioni comunali. Pubblichiamo integralmente il dispositivo affinchè tutti si possano rendere conto che da oggi è una situazione più pesante rispetto a quella di ieri quella che vivono gli anacapresi, che, principalmente non hanno altre abitazioni ed i loro abusi possono essere classificati di necessità.
Se da una parte la situazione ad Anacapri è drammatica dove si parla sottovoce di circa cinquecento abbattimenti che se eseguiti riporterebbero il territorio all’eliminazione di un danno ambientale non indifferente a Capri c’è da registrare che il fenomeno è contenuto a pochi casi e quindi certamente più affrontabile e gestibile anche con soluzioni abitative comunali. Essenzialmente il Tribunale ha ritenuto … che la delibera di Consiglio Comunale n 50 del 18/11/2019 del Comune di Anacapri appare prima facie illegittima … Il Comitato per il Diritto alla Casa – Isola di Capri sta effettuando un percorso con precisi obiettivi e dotandosi di tutti gli strumenti politici e legali per affrontare il problema almeno quello relativo agli abusi di necessità. La strada è lunga e difficile, ma provarci è un dovere civico.

N 60/2005 RESA
oggetto: procedimento n. 60/2005 RESA c/ G.C. avente ad oggetto le opere abusive ubicate in Anacapri alla via Lo Funno 26, delibera di Consiglio Comunale del Comune di Anacapri n. 50 del 18/11/2019 di declaratoria della esistenza del prevalente interesse pubblico al mantenimento delle opere abusive.
Il PM
Visti gli atti del procedimento n. 60/2005 RESA c/o G.C. relativo all’ordine di demolizione impartito con la sentenza n.21/97 emessa in data 12/02/1997, dalla Pretura Circondariale di Napoli irrevocabile in data 06/04/1997, avente ad oggetto le opere abusive ubicate in Anacapri alla via Lo Funno 26 costituite da un manufatto in c.a di mt 5.60×6.50×3.40 con successive modifiche per un totale di 50.00 mc da demolire.
Vista la delibera di Consiglio Comunale n. 50 del 18/11/2019 con la quale il Comune di Anacapri, ai sensi dell’art. 31 comma 5 D.p.r. 380/2001, ha dichiarato il prevalente interesse pubblico alla conservazione delle opere abusive per cui si procede, destinandone ad alloggio di edilizia residenziale sociale (housing sociale) ai sensi dell’art. 1 comma 65 della legge Regione Campania n. 5/2013, in quanto le stesse non contrastano con rilevanti interessi urbanistici ambientali e di assetto idrogeologico.
Rilevato che con Determinazione n. 303 del 13/08/2019 è stata calcolata l’indennità di occupazione.
Rilevato che, come risulta dalla suddetta delibera di Consiglio Comunale, le opere abusive di cui trattasi:
-a seguito dell’inottemperanza, da parte del privato, alle ordinanze di demolizione emesse dal Comune, sono state acquisite al patrimonio comunale con provvedimento del 13/10/1997 03/12/1998 trascritto nei Registri Immobiliari con presentazione 111 del 03/12/1998;
-hanno formato oggetto di domande di condono edilizio rigettate dal Comune con provvedimenti n. 3748 e 3749 del 05/03/2008;
-a seguito del diniego del condono edilizio hanno formato oggetto di una nuova ordinanza di demolizione n. 21/19 del 07/3/19 emessa dal Comune.
Rilevato che l’opera abusiva ricade in zona P area a Verde Agricolo del P.R.G., inoltre essa risulta assoggettata a vincolo paesistico-ambientale ed è classificata nella zonizzazione del vigente Piano Paesistico Territoriale, approvato con D.M. pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 12/01/1996 n. 9 come zona P.I.- Protezione Integrale
Rilevato che l’art. 31 comma 5 del DPR 380/2001 prevede che l’opera abusiva acquisita al patrimonio comunale è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell’abuso, salvo che, con deliberazione consiliare, non si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici al mantenimento dell’opera e sempre che la stessa non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali.
Rilevato che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 140 del 2018 – nel dichiarare l’illegittimità dell’articolo 2, comma 2, della legge della Regione Campania n. 19 del 2017, che prevedeva la possibilità di locare o alienare gli immobili acquisiti al patrimonio comunale, una volta accertata l’inottemperanza all’ordine di demolizione, qualunque sia il soggetto destinatario (occupante per necessità oppure no), per avere la suddetta disposizione trasformato quella “astratta possibilità” in un “esito normale” – ha ribadito che l’opera abusiva una volta entrata nel patrimonio del Comune, deve essere demolita e solo in via eccezionale, attraverso una valutazione da effettuarsi caso per caso, può essere conservata, in quanto l’unica misura prevista dal legislatore statale quale reazione dell’ordinamento agli abusi urbanistico-edilizi, “in considerazione della gravità del pregiudizio recato all’interesse pubblico”, è quella del ripristino dell’ordinato assetto del territorio “in modo uniforme in tutte le Regioni”.
Rilevato, altresì che la Corte di Cassazione ha precisato la natura eccezionale della deliberazione consiliare con cui si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici alla conservazione delle opere abusive al patrimonio comunale e l’assenza di contrasto di tale conservazione con rilevanti interessi urbanistici o ambientali, rispetto a quella che dovrebbe essere la ordinaria conseguenza, ovvero l’esito demolitorio, della illiceità di condotte poste i essere in violazione della disciplina urbanistica, il che impone una interpretazione restrittiva dei presupposti cui tali ipotesi sono condizionale e legittima, allo stesso tempo, il giudice dell’esecuzione, in applicazione di un principio generale più volte applicato dalla stessa Suprema Corte, ha sindacare la sussistenza dei medesimi.
Rilevato in particolare, che la Corte di Cassazione ha affermato che rientra nei poteri del giudice verificare che l’incompatibilità dell’esecuzione dell’ordinanza di demolizione con la delibera consiliare sia attuale e non meramente eventuale, non essendo evidentemente consentito fermare l’esecuzione penale per tempi imprevedibili senza la concreta esistenza di una delibera consiliare avente i requisiti previsti dall’art. 31 d.P.R. 380/2001, giacchè l’ordinamento non può attendere sine die l’adozione di una possibile quanto eventuale deliberazione (cfr. Cass. Sez. 3^ sentenza n. 13746 del 29/1/13 imp. Falco ed altro),
Rilevato, inoltre, che la Corte di Cassazione, con riferimento all’eventuale incompatibilità dell’esecuzione dell’ordinanza di demolizione con la delibera consiliare dichiarativa dell’esistenza di prevalenti interessi pubblici rispetto al ripristino dell’assetto urbanistico violato, ha avuto modo di affermare ripetutamente che essa presuppone che tale evenienza sia attuale e non meramente eventuale, non essendo consentito interrompere l’esecuzione penale per un tempo non definito e non prevedibile e che a fronte di una deliberazione in tal senso da parte dell’amministrazione comunale, il giudice dell’esecuzione ha il potere di sindacare tale delibera e deve accertare che io maniera puntuale, concreta ed attuale, sia stata conferita all’opera abusiva “altra destinazione”, diversa da quella sino a quell’istante impressa all’immobile abusivo in modo da rendere effettiva e reale la natura pubblicistica del nuovo uso, in considerazione della natura eccezionale di una simile situazione rispetto alla demolizione, la quale ordinariamente consegue all’accertamento dell’abuso edilizio, il che impone anche un’interpretazione particolarmente restrittiva circa la sussistenza dei presupposti che legittimano la deliberazione medesima(Cass. Sez. 3^ sentenza n. 2582 del 23/5/2018 PMT C/Russo Maria; Cass. Sez. III 6/11/2008 n. 41339; Cass. Sez. III, n. 11419, 11 marzo 2013; sez III n. 13746/2013; sez III 3456/2013 e 37120/2005).
Rilevato che la Corte di Cassazione – in un caso analogo a quello per cui si procede nel ritenere genericità, e quindi la non ostatività alla demolizione, della delibera consiliare di destinazione del manufatto abusivo al servizio di un interesse pubblico, ha così argomentato: “Nella specie, il provvedimento impugnato ha ritenuto di non ravvisare nella delibera consiliare del comune di Afragola, in data 18/04/2012, i presupposti richiesti dalla legge. In particolare osserva la Corte d’appello come le valutazioni cui dovrebbe conseguire la non eseguibilità della demolizione (ovvero, appunto, il prevalente interesse pubblico e l’assenza di contrasto del manufatto con rilevanti interessi urbanistici), benché dichiarate formalmente sussistenti, di fatto erano genericamente enunciate, oltre tutto il manufatto abusivo era stato acquisito al patrimonio comunale sin dal 2007 e da allora alcun interesse pubblico era stato prospettato, e alcuna verifica statica e sismica dell’immobile era stata effettuata. Ne consegue che il giudice dell’esecuzione ha fatto corretta applicazione dei principi ermeneutici sopra riportati …” (Cass Sez 3 sentenza n. 9864 del 17.2.2016 ímp. Corleone ed altro). Rilevato che il Consiglio Comunale di Anacapri, con la delibera n 50 del 18/11/2019 pur avendo dichiarato il prevalente interesse pubblico alla conservazione dell’immobile di cui trattasi, rappresentato dalla destinazione del manufatto ad alloggio di edilizia residenziale sociale, in concreto, lungi dal dare a quest’ultimo un’effettiva destinazione pubblica di qualsiasi genere, si è limitato a legittimare per il futuro l’occupazione sine título e gratuita dell’opera abusiva da parte dello stesso soggetto condannato alla demolizione del manufatto abusivo, in quanto:
1) la delibera difetta, nel caso di specie, qualsivoglia istruttoria d’ufficio tesa alla valutazione dei costi per l’eventuale adeguamento del manufatto alla destinazione pubblica rilevata, atteso che la destinazione del manufatto ad alloggio di edilizia sociale prevede il rispetto di standards urbanistici, di abitabilità ed accessibilità, che non possono essere dati per scontati, trattandosi di opera abusiva, e che, comunque, non sono stati presi in considerazione ai fini anche della valutazione del parere di compatibilità finanziaria oltre che tecnica della delibera in oggetto;
2) le opere abusive, all’epoca della loro realizzazione, ai sensi del PRG del Comune di Anacapri, ricadevano in zona P agricola, che prevedeva una destinazione agricola con possibilità di “… nuove costruzioni destinate a residenze e a pertinenza funzionali alla conduzione del fondo, realizzabili rispettivamente con indici di mc.0,003 e mc. 0,025 per mq nel limite di mc 400 complessivi, e con trascrizione triennale del vincolo di destinazione dell’immobile e trascrizione dell’asservimento dell’area agricola al cui servizio l’immobile viene destinato “Prescrivendo”. che la cessione edilizia possa essere rilasciata esclusivamente ai proprietari coltivatori diretti, oppure conduttori in economi, riconosciuti imprenditori agricoli a titolo principale ai sensi dell’art 12 della legge 09/05/1975 n.153 e muniti di residenza storica almeno decennale del Comune di Anacapri…”; pertanto, la conservazione del manufatto abusivo di cui trattasi si pone in insanabile contrasto con rilevanti interessi urbanistici, rispetto ai quali l’asserito prevalente interesse pubblico al mantenimento dell’opera è recessivo, per espresso dettato normativo (art. 31 comma 5 d.P.R. 380/2001), con la conseguente Illegittimità della relativa delibera consiliare.
3) la delibera di Consiglio Comunale risulta adottata a distanza di ben 20 anni dalla data di precedenza, per tutto questo tempo, il Comune abbia mai dato alcuna destinazione di pubblico interesse all’opera suddetta ed anzi l’abbia lasciata nella disponibilità di fatto, sine titulo.
Rilevato che i suddetti principi hanno informato anche l’azione della Corte del Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Campania, che, con sentenza n. 408/17, ha condannato gli amministratori del Comune di Lettere (NA) per danno erariale, proprio in relazione alla mancata demolizione ed attivazione della Cassa Depositi e Prestiti, ed alla mancata determinazione e riscossione delle indennità di locazione di un immobile abusivo oggetto d demolizione disposta con sentenza di condanna che, benché acquisito al patrimonio comunale, era stato lasciato nella disponibilità degli originari occupanti.
Rilevato che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 140 del 2018, ha l’illegittimità costituzionale dell’art 2, comma 2, della legge della Regione Campania 22 giugno 2017, n. 19 (Misure di semplificazione e linee guida di supporto ai Comuni in materia di governo del territorio), il quale stabiliva che, «[ferma restando l’autonoma valutazione dei Consigli comunali sull’esistenza di prevalenti interessi pubblici rispetto alla procedura di demolizione dei beni acquisiti al patrimonio comunale, i Comuni, nell’ambito delle proprie competenze, possono avvalersi delle linee guida di cui al presente articolo per approvare, in conformità e nel rispetto della normativa nazionale vigente in materia, atti regolamentari e d’indirizzo riguardanti: a) i parametri e criteri generali di valutazione del prevalente interesse pubblico rispetto alla demolizione; b) i criteri per la valutazione del non contrasto dell’opera con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico; c) la regolamentazione della locazione e alienazione degli immobili acquisiti al patrimonio comunale per inottemperanza all’ordine di demolizione, anche con preferenza per gli occupanti per necessità al fine di garantire un alloggio adeguato alla composizione del relativo nucleo familiare; d) i criteri di determinazione del canone di locazione e del prezzo di alienazione ad onerosità differenziata fra le superfici adeguate alla composizione del nucleo familiare e quelle in eventuale eccedenza; e) i criteri di determinazione del possesso del requisito soggettivo di occupante per necessità, anche per quanto riferito alla data di occupazione dell’alloggio; f) i criteri di determinazione del limite di adeguatezza dell’alloggio alla composizione del nucleo familiare; g) le modalità di accertamento degli elementi di cui alle lettere e), f) e del possesso dei requisiti morali di cui all’articolo 71, comma 1, lettere a), b), e), ŋ del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa al servizi del mercato interno); h) le modalità di comunicazione delle delibere consiliari approvate ai sensi dell’articolo 31, comma 5 del D.P.R. n. 380/2001 all’autorità giudiziaria che abbia ordinato, per gli stessi immobili, la demolizione ai sensi dell’articolo 31, comma 9 del D.P.R. n. 380/2001».
Il comma 1 di tale articolo prevedeva che, al fine di perseguire indirizzi uniformi in ambito regionale, la Giunta regionale «adotta linee guida non vincolanti per supportare gli enti locali nella regolamentazione ed attuazione, se ne ricorrono I presupposti, di misure alternative alla demolizione degli immobili abusivi al sensi dell’articolo 31, comma 5 del D.P.R n. 380/2001».
Rilevato che, secondo la Corte Costituzionale, il comma 2, prevedendo che i Comuni della Regione Campania possano non demolire gli Immobili abusivi acquisiti al proprio patrimonio a seguito dell’inottemperanza all’ordine di demolizione indipendentemente dalla verifica delle circostanze in presenza delle quali l’art. 31, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, legittima il mantenimento del suddetti immobili abusivi, viola l’art 117, terzo comma, Cost, perché contrasta con il principio fondamentale stabilito dall’art 31, commi da 3 a 6, d.P.R. n. 380 del 2001, secondo cui l’acquisizione dell’immobile abusivo al patrimonio del Comune a seguito dell’inottemperanza all’ordine di demolirlo si “configura come una sanzione […] preordinata principalmente alla demolizione dello stesso.
Rilevato, altresì, che i giudici delle leggi hanno ricordato che: il fatto che, con l’acquisizione al patrimonio comunale, il bene diventi pubblico non comporta, tuttavia, che l’opera diventi legittima sotto il profilo urbanistico-edilizio, in quanto essa è destinata a essere «demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell’abuso» (comma 5 dell’art 31 d.P.R. n. 380 del 2001);
– la regola della demolizione ammette una sola deroga, in quanto lo stesso comma 5, in via eccezionale, prevede la possibilità di conservare l’opera quando, «con deliberazione consiliare […] Si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera [stessa] non Contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto Idrogeologico».
Rilevato che per la Corte Costituzionale la demolizione dell’immobile abusivo acquisito al patrimonio comunale – con le sole deroghe previste dal comma 5 dello stesso articolo – Costituisce un principio fondamentale della legislazione statale che vincola la legislazione regionale di dettaglio in materia di misure alternative alle demolizioni», per cui l’art 2, comma 2, legge reg. Campania n. 19 del 2017 viola iI principio fondamentale, espresso dai commi da 3 a 6 dell’art 31 d.P.R. n. 380 del 2001, perché, attraverso gli atti regolamentari e d’indirizzo, i Comuni della Regione Campania, avvalendosi delle linee guida, possono eludere l’obbligo di demolire le opere abusive acquisite al proprio patrimonio.
Ritenuto, pertanto, che l’interpretazione critica del principio ritenuto violato dalla Corte Costituzionale conduce alla conclusione che il naturale approdo del procedimento sanzionatorio può essere scongiurato solo in via di eccezione e, a tali fini, occorre un’apposita delibera con la quale il Comune deve effettuare una mirata valutazione (dovendo, peraltro, dare conto con congrua motivazione delle scelte discrezionali all’uopo compiute) circa l’esistenza di prevalenti interessi pubblici al mantenimento dell’immobile.
Rilevato che i principi affermati dalla Corte Costituzionale per dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art 2 della legge regionale n. 19 del 2017, nella parte in cui prevedeva la possibilità per la PA di destinare gli immobili abusivi acquisiti al patrimonio comunale a finalità di pubblico interesse mediante locazione o dismissione con titolo preferenziale a favore di coloro che, al tempo dell’acquisizione, occupavano il cespite, si attagliano perfettamente anche all’articolo 1, comma 65 della legge della Regione Campania del 6 maggio 2013, n. 5 che prevede analoga possibilità, avendo stabilito che: “(…) gli immobili acquisiti al patrimonio dei comuni possono essere destinati prioritariamente ad alloggi di edilizia residenziale pubblica, di edilizia residenziale sociale, in base alla legge 22/10/1971, n. 865 (Programmi e coordinamento dell’ edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alle leggi 17/08/1942, n. 1150; 18/04/1962, n. 167; 29/09/1964, n. 847; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell’edilizia residenziale, agevolata e convenzionata), nonché dei programmi di valorizzazione immobiliare anche con l’assegnazione in locazione degli immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo, o a programmi di dismissione immobiliare. (…) I comuni stabiliscono, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e nel rispetto delle norme vigenti in materia di housing sociale di edilizia pubblica riguardanti i criteri di assegnazione degli alloggi, i criteri di assegnazione degli immobili in questione, riconoscendo precedenza a coloro che, al tempo dell’acquisizione, occupavano il cespite, previa verifica che gli stessi non dispongano di altra idonea soluzione abitativa, nonché procedure di un piano di dismissione degli stessi.
Ritenuto che, sebbene tale ultima disposizione sia, allo stato, pienamente vigente, non essendovi automatismo di effetti tra la sentenza della Corte Costituzionale n. 140 del 2018 e la disposizione (non oggetto del relativo giudizio) della legge regionale n. 5 del 2013, è del tutto evidente che quest’ultima prevede un principio analogo, se non identico, a quello dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale, in quanto la norma di cui all’articolo 1, comma 65, della legge regionale n. 5 del 2013 contiene, con tutta evidenza, statuizioni speculari a quella dichiarata incostituzionale laddove prevede, come esito normale dell’acquisizione dell’immobile abusivo al patrimonio comunale, la possibilità di destinarlo ad alloggio di edilizia residenziale pubblica o sociale o di assegnarlo in locazione, riconoscendo “precedenza a coloro che, al tempo dell’acquisizione, occupavano il cespite, previa verifica che gli stessi non dispongano di altra idonea soluzione abitativa”.
Ritenuto, pertanto, che l’articolo 1, comma 65, nella sua complessiva formulazione, si pone in insanabile contrasto con l’art. 117 comma 3 della Costituzione e con i principi affermati dalla Corte Costituzionale con la sentenza su citata e, in particolare, con il principio fondamentale espresso dai commi da 3 a 6 dell’art 31 d.P.R. n. 380 del 2001, il quale implica che l’opera abusiva acquisita al patrimonio comunale debba, di regola, essere demolita e che possa essere conservata, in via eccezionale, soltanto se, con autonoma deliberazione del consiglio comunale relativa alla singola opera, si ritenga, sulla base di tutte le circostanze del caso, I’esistenza di uno specifico interesse pubblico alla conservazione della stessa e la prevalenza di questo sull’interesse pubblico al ripristino della conformità del territorio alla normativa urbanistico- edilizia, nonché l’assenza di un contrasto della conservazione dell’opera con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico.
Ritenuto, che, pur essendo la norma suddetta ancora in vigore, il giudice, nell’ambito di una interpretazione della stessa Costituzionalmente orientata, legittimamente può disattenderla e comunque deve applicarla rigorosamente.
Ritenuto, pertanto, che la delibera di Consiglio Comunale n 50 del 18/11/2019 del Comune di Anacapri appare prima facie illegittima e, in quanto tale, va disattesa, conformemente all’indirizzo della Suprema Corte.
PQM
DISPONE
Procedersi oltre nell’esecuzione dell’ordine di demolizione di cui all’oggetto.
Si comunichi al Comune di Anacapri.
Manda alla segreteria per gli adempimenti.
Napolí, 17/12/2018
Il Sostituto Procuratore della Repubblica
Domenico Musto

Visto Il Magistrato coordinatore dell’Ufficio Demolizione
Na,21/12/19 Nunzio Frogliasso .