PER IL PARCO MARINO I CHARTER
VOGLIONO ESSERE PROTAGONISTI
un articolo del Messaggero Motori spiega che…

Un articolo pubblicato sull’online de ilmessaggero.it nella sezione motori negli scorsi giorni parla delle compagnie di navigazione, charter e parco marino con focus Capri. Quest’articolo contiene “toni pesanti” ma è da leggere con attenzione per capire con chiarezza chi sono gli interlocutori, come si pongono e principalmente qual’è la materia del contendere.
In Campania scoppia la seconda “guerra del charter”. Parco Marino e sbarchi a Capri al centro del contendere
di Sergio Troise
NAPOLI – La nautica sta bene in salute e il mercato 2020 potrebbe regalare altre soddisfazioni. Ma il mondo del diporto, com’è noto, è molto ampio, coinvolge attività collaterali come il turismo nautico, e ciò che si profila all’orizzonte della stagione 2020 è per niente rassicurante: nell’occhio del ciclone ci sono luoghi di prestigio internazionale come i golfi di Napoli e Salerno (Costiera sorrentina e amalfitana) e, in particolare, la guerra tra società di charter e compagnie di navigazione. Motivo del contendere: gli approdi e la costituenda Area marina protetta di Capri. Ma non solo.
Secondo gli armatori di aliscafi e traghetti, gli operatori del charter blufferebbero, gestendo di fatto un vero e proprio servizio di trasporto, e dunque sottraendo clienti a loro senza sottoporsi all’obbligo di staccare biglietti e di sottoporsi alle normative fiscali e di sicurezza richieste dal servizio; quelli del charter, di contro, ribattono sostenendo di svolgere attività turistico-ricreativa, così come previsto dalla legge, e ribaltano l’accusa affermando che le imbarcazioni adibite al trasporto passeggeri spesso svolgono anche attività turistica-ricreativa (gite a pagamento, bagni in rada, assistenza ai sub), usufruendo anche di agevolazioni, come l’IVA ridotta al 5%. Soprattutto, quelli del charter protestano per l’imposizione di tasse di sbarco molto onerose pretese dal porto di Capri, a loro dire “incalzato dagli armatori delle società di navigazione”.
La vicenda è culminata l’estate scorsa in una diffida finita sui tavoli delle autorità competenti (Capitaneria di Porto, Guardia di Finanza, enti locali) per iniziativa della Associazione Charter Campania, che alla vigilia della stagione 2020 ha inviato a questo sito copia del testo firmato dal presidente Giovanni Rosina: un testo esplosivo, in cui si parla (assumendosene piena responsabilità) di “un sistema fortemente corrotto e influenzato dalla lobby degli armatori che vuole spazzare i charter per pura territorialità”.
“Dopo la diffida ci saremmo aspettati almeno l’apertura di tavoli tecnici o un segnale dalle autorità competenti, in modo che si aprisse un’indagine su quanto da noi denunciato, ma ad oggi non risultano fatti concreti su questa problematica” informa Sebastiano Iuculano, titolare della Mediterranean Blu Services, una delle società leader del settore, finita tra l’altro al centro di un caso paradossale: scambiata per un’altra società (la Blu Wave) è stata condannata a riconoscere al Comune di Capri il contributo di sbarco di 2,50 euro a persona sulla base di una documentazione estranea alla propria attività.
Tutto ciò si è svolto davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli alla quale la Mediterranean Blu Services si era rivolta per contestare la legittimità del contributo richiesto dal Comune di Capri. Ovviamente è stato presentato appello, ma intanto l’imprenditore sbotta: «Chi doveva giudicare ha letto le carte?» E aggiunge: «Spero che i nostri avvocati riescano ad ottenere una qualche soddisfazione non solo sul caso specifico, ma su tutto il fronte della protesta».
Sono talmente determinati gli operatori del charter, da ritenere scontato l’esito del ricorso presentato dalla Mediterranean Blu Services per ottenere l’annullamento della sentenza pronunciata il 17 maggio scorso dalla succitata Commissione Tributaria, e non solo per l’inopinato scambio di società, ma anche per il merito. Con quell’atto si rigettava infatti la richiesta di annullamento dell’avviso di accertamento emesso dal Comune di Capri a proposito del contributo di sbarco non versato. Secondo gli amministratori isolani (titolari della società di gestione del porto) andava eseguito un accertamento d’ufficio per l’omessa presentazione delle dichiarazioni mensili. E la Commissione Tributaria ha dato loro ragione, assimilando di fatto gli operatori del charter a veri e propri gestori di un servizio di trasporto pubblico.
«Una situazione paradossale, che i nostri avvocati, Enrico Soprano e Federica Esposito hanno smontato punto per punto, con argomentazioni che non potranno non essere riconosciute in appello» dice ancora il titolare della MBS, Iuculano, rincarando la dose sulle «condizioni estreme in cui ci hanno costretto ad operare in alcuni porti, in primis quello di Capri».
Secondo gli operatori del charter «l’ostruzionismo in alcuni porti raggiunge forme parossistiche» e, citando Capri, viene ricordato che «è stata eliminata la banchina libera per lo sbarco, che in base ai regolamenti vigenti dovrebbe essere presente all’interno di ogni portualità del territorio nazionale e prevedere il versamento di una piccola somma per il cosiddetto servizio di accosto» (cosa diversa dal diritto di sbarco)
«Per far scendere un turista a Capri – sostengono ancora gli autori della protesta – è invece obbligatoria la sottoscrizione di una dichiarazione di volontà che non esitiamo a definire estorsiva, e quindi il pagamento di una tassa di sbarco di 100 euro, come da diffida a noi presentata il 26 giugno scorso. Il bello – aggiungono i charteristi – che dalla gabella della tassa di sbarco di 2,50 euro a persona sono esentate le società di charter capresi e, se non bastasse, ci è stato impedito anche di effettuare sbarchi dal lato di Marina Piccola, dove invece possono accedere senza problemi, in forza di un’apposita ordinanza, i charter di Capri e i tender degli yacht».
Il tempo ci dirà come andrà a finire. Ma intanto vale la pena ricordare che già nel 2018 gli operatori del charter in Campania si rivolsero al TAR, ottenendo piena soddisfazione sulla questione del capobarca, figura ritenuta indispensabile dalle Capitanerie di Porto del territorio (e dalle compagnie di navigazione adibite al trasporto passeggeri) e definita invece «non indispensabile ai fini della sicurezza a bordo» dai giudici del TAR.
Erano state, come detto, le Capitanerie di Porto del territorio a sollevare il caso, adducendo motivi di sicurezza della navigazione. «Ma anche allora – rammenta Iuculano – nonostante articoli di stampa che parlavano di sicurezza in mare senza approfondire la materia, smontammo questa tesi del tutto infondata, caldeggiata dagli armatori delle società di navigazione, che vennero allo scoperto con una posizione processuale ad opponendum che fece emergere il complotto ai nostri danni».
In perfetta sintonia il numero uno dell’associazione delle società di charter regionali. «Gli armatori delle compagnie di navigazione – sostiene Giovanni Rosina – pretendono una gestione monopolistica del territorio, senza distinguere tra trasporto pubblico e attività turistica. Noi siamo in regola con la normativa vigente sul charter, utilizziamo esclusivamente natanti, cioè imbarcazioni non superiori a 10 metri e non trasportiamo mai più di 12 persone per volta, come prescritto dalla legge. Le iniziative che si susseguono, dalla assurda pretesa del capobarca a bordo, fino agli esasperanti controlli in mare, ripetuti anche più volte nella stessa giornata, fanno parte di un oscuro disegno, a tratti persecutorio, teso a distruggere questa libera attività imprenditoriale. Tutto ciò mentre in mare si vedono passare barconi ufficialmente adibiti al trasporto passeggeri, teoricamente soggetti a orari di partenza e arrivo e ad altre limitazioni, in realtà in gita turistica, con tanto di pranzo a bordo e sosta per il bagno. Che cosa c’entra questo con il trasporto passeggeri e l’obbligo di staccare biglietti e pagare tasse di accosto e di sbarco?»
Per discutere la questione al di là delle sedi giudiziarie e/o amministrative è stata proposta l’istituzione di un tavolo tecnico delegato ad esaminare i molteplici aspetti del contendere e la possibilità di collaborare al progetto dell’Area Marina Protetta di Capri (l’iter ministeriale è partito il 23 dicembre scorso). I gestori delle società di charter che operano tra le costiere sorrentina e amalfitana sostengono infatti che «la vicinanza dei territori (poco più di 1,5 miglia l’uno dall’altro) ha generato interscambi strettissimi e attività che non possono essere penalizzate con divieti, imposizioni e gabelle contrarie ad ogni logica di sviluppo del turismo».
«Il progetto del Parco marino – ad esporsi è di nuovo Iuculano – non può ignorarci, dovremmo essere anzi protagonisti indiscussi. Il diporto, e in particolare i natanti, sono il miglior modo per rispettare l’ambiente e godere del parco favorendo sviluppo e occupazione. Ciò senza distinzione tra capresi e realtà talmente vicine geograficamente da costituire un unico tessuto economico da tutelare e proteggere. Che il boat-tour sia un’eccellenza indiscussa lo provano i commenti a cinque stelle rilasciati spontaneamente da turisti di tutto il mondo, ne è prova anche la discesa in campo delle associazioni degli albergatori e delle agenzie di viaggio, che si sono schierate a favore dei charter».
L’iter ministeriale per la costituzione del Parco Marino di Capri è scattato, come detto, nel dicembre scorso, con il ministro Costa a guidare le operazioni. «Purtroppo – si lamentano ancora gli operatori del charter – le visite del ministro sul territorio sono state fortemente influenzate da lobby a noi estranee, e non sono mancati attacchi al nostro settore. Nonostante la continua sollecitazione a mezzo Pec per l’istituzione di tavoli tecnici e richieste d’incontro presentate a Capitaneria, Guardia di Finanza, enti locali, siamo stati e siamo ancora completamente ignorati». Ora le aspettative sono riposte su Costa. E Iuculano osserva: «Il ministro è un ex generale dei Carabinieri che ha operato in settori in cui mafia, lobby e politica hanno occupato molti spazi comuni, perciò mi dà più fiducia».
In attesa di eventuali sviluppi, per far valere le proprie ragioni l’Associazione Charter in Campania si è rivolta ai propri legali, delegandoli a «mettere in atto tutte le attività necessarie a tutela dell’attività del diporto e della libera impresa». Nell’esposto firmato dall’avvocato Valanzuolo e da Giovanni Rosina si leggono valutazioni sull’impatto occupazionale e sul fatturato diretto e indiretto derivante dall’attività turistica legata al charter (oltre 2.000 addetti), ma, soprattutto, si fa riferimento – con parole pesanti da cui ci dissociamo – a un presunto «oscuro disegno, a tratti persecutorio, teso a distruggere questa libera attività imprenditoriale ed estirparla dai golfi di Napoli e di Salerno, da sempre territori appannaggio esclusivo degli armatori e delle grandi compagnie di navigazione che, come feudatari, esercitano un monopolio assoluto determinando una vera e propria Gomorra locale».
Nell’esposto-denuncia si fanno anche i nomi delle presunte compagnie “nemiche” (Travelmar, NLG, Alilauro, Caremar, SNAV, Alilauro Gruson) accusate di mettere in atto “un monitoraggio esasperato sui movimenti e sui flussi del fenomeno imprenditoriale del diporto” e di esercitare “pressioni sugli organi delle Capitanerie di porto e della Guardia di Finanza con l’obiettivo di ridimensionare se non di estirpare, quasi fosse un cancro, le attività di diporto commerciale svolte sulla base di elevati standard di professionalità e sicurezza”. A supporto della credibilità degli operatori rappresentati, nell’esposto dell’avvocato Valanzuolo viene ricordato che l’attività turistica legata al charter «viene considerata dai principali mercati di riferimento nazionali ed esteri una vera e propria eccellenza campana».
Sarà mai possibile trovare un’intesa? Da osservatori neutrali seguiremo con scrupolo cronistico gli sviluppi della vicenda e vi terremo informati. L’unica certezza, per ora, è che nel mondo della nautica non esistono rotte tranquille, e tantomeno nei golfi di Napoli e di Salerno…