La Quaresima che abbiamo appena cominciato la il grande dono di convergere su di noi uno sguardo benevolo da parte di Dio. Perché cari amici lettori, il vero perno di tutta la vita cristiana che vuole migliorarsi ì esattamente wqueswto: noi con le nostre povertà e le nostre fragilità, non saremmo mai capaci di realizzare nemmeno un passo della nostra vita senza l’aiuto di Dio: in modo speciale quando parliamo di migliorarci, di “convertirci”. Paolo, mercoledì scorso, ci ha ricordato esortandoci: lasciatevi riconciliare con Dio. L’iniziativa è sempre di Dio che muove il primo passo: a noi la risposta di aprirci alla grazia, la vera fonte della nostra conversione.

Occorre scrollarsi di dosso tutto il peso di una doppiezza di vita, di non autenticità che ci allontana non solo da Dio ma anche da noi stessi.

Pensiamo allo sguardo di Dio rivolto a noi mentre preghiamo: ci educa a saper non “dire” preghiere ma a saper diventare preghiera noi stessi: ci educa, mentre digiuniamo, a saper lavorare di cesoia, di scalpello per modellare il vero cristiano adulto, discepolo autentico di Gesù Cristo: ci educa, allorechè aprimao la mano per saziare il bisognoso, a saper dare non le cose nostre ma a dare noi stessi come cibo autentico di amore.

Questa la Quaresima: questa la conversione che il Signore ci chiede: diventare più autentici, più veri.

Occorre per mettersi in questo cammino, perché la Quaresima incarna tutta la nostra esistenza ed è un cammino in cui la fedeltà di Dio a noi, ci incoraggia a non demordere e di camminare alla luce dello sugardo di Dio di cui prima.

Così la prima lettura di oggi ci introduce alla fedeltà di Dio: il racconto fatto da Mosè al popolo diventa “memoria” anche per noi. Diciamo di passaggio che è una parte del dialogo che avviene durante la cena ebraica.

Dal libro del Deuteronòmio (26, 4-10)

Mosè parlò al popolo e disse: «Il sacerdote prenderà la cesta dalle tue mani e la deporrà davanti all’altare del Signore, tuo Dio, e tu pronuncerai queste parole davanti al Signore, tuo Dio: “Mio padre era un Arameo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa. Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi. Ci condusse in questo luogo e ci diede questa terra, dove scorrono latte e miele. Ora, ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai dato”. Le deporrai davanti al Signore, tuo Dio, e ti prostrerai davanti al Signore, tuo Dio».

Quale offerta gradirà il Signore da noi? I migliori frutti del nostro cuore e della nostra vita: oggi si presentano: preghiera, elemosina, digiuno. Ma soprattutto il dono più bello è la Parola di ritorno: Dio ci parla, noi gli riportiamo la sua Parola mescolata alla nostra fragilità ma intrisa di quella ferrea volontà a cambiare tutto quanto di negativo c’è nella nostra vita (ecco la conversione, la metanoia di cui parlano i Padri della Chiesa, il cambio di mentalità, la mentalità nuova che dobbiamo realizzare, con la grazia di Dio.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (10, 8-13)

Fratelli, che cosa dice [Mosè]? «Vicino a te è la Parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore», cioè la parola della fede che noi predichiamo. Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. Dice infatti la Scrittura: «Chiunque crede in lui non sarà deluso». Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato».

La conversione passa attraverso un discorso di autenticità del cristiano. In altre parole dobbiamo dire basta al nostro modo di essere cristiani, se mai chiusi nelle celebrazioni dove tutto funziona a meraviglia; occorre essere cristiani coerenti facendo entrare in sintonia cuore, mente e vita: troppe volte ci viene rimproverata la spaccatura tra quello che crediamo (con la mentre) quello che diciamo con la bocca e poi quello che effettivamente viviamo nella vita di ogni giorno. In questo ravvisiamo una prova cui siamo sottoposti dalla natura della nostra stessa vita. Come ci ricorda il Salmo 90: Resta con noi, Signore, nell’ora della prova. Chi abita al riparo dell’Altissimo passerà la notte all’ombra dell’Onnipotente. Io dico al Signore: «Mio rifugio e mia fortezza, mio Dio in cui confido». Non ti potrà colpire la sventura, nessun colpo cadrà sulla tua tenda. Egli per te darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutte le tue vie. Sulle mani essi ti porteranno, perché il tuo piede non inciampi nella pietra. Calpesterai leoni e vipere, schiaccerai leoncelli e draghi. «Lo libererò, perché a me si è legato, lo porrò al sicuro, perché ha conosciuto il mio nome. Mi invocherà e io gli darò risposta; nell’angoscia io sarò con lui, lo libererò e lo renderò glorioso».

Oggi dobbiamo ringraziare in modo convinto la pedagogia della Chiesa che ci porta a conoscere un Cristo veramente Uomo: uomo fragile ma non come quello della grottacdi Betlemme, non come quello che sta crecendo nei lunghi silenzi di Nazareth: non l’Uomo diventato adulto e che vuole anche nella prova dimostrare come vive il Figlio di Dio (anche noi!), come è impegnato a scegliere (anche noi) in ofgni momento della vita, come il demonio non fa sconti a nessuno (nellemno a noi) quando deve falsificare la Parola con le sue parole: come per Gesù anche per noi risulta che ci mette in difficoltà per vedere chi scegliamo.

Dal Vangelo secondo Luca (4, 1-13)

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo». Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto». Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

Queste tre prove passano da un reale bisogno, il pane, al luccichio delle ricchezze che rischiano continuamente di diventare le nostre divinità mute quante esigenti. Per arrivare poi al potere, il vero dramma della prevaricazione dell’uomo sull’altro.

Gesù nelle tenazioni ci aiuta a comprendere che tutto è possibile a chi si fida di Dio, si abbandona nelle sue mani. Possiamo vincere contro il demonio: occore avere delle armi ben affilate, non spuntite.

Passiamo brevemente in rassegna il comportamento del demonio e di Gesù, come risposta.

Ovvio avere digiuno dopo 40 giorni e 40 notti: per chi come Gesù il digiuno lo ha fatto seriamente. Il suo digiuno è stato solo un ricercare di essere solo con Dio, perdere ogni appoggio terreno, poggiare la sua guancia sulla guancia del Padre. Fortificato così da questa Presenza può affrontare il demonio che pensa di farne un boccone. «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù è il Figlio di Dio certamente: ma è Figlio perché per Lui il Padre c’è, vale, lo aiuterà, non lo abbandona. Alla deformazione della provocazione Se tu sei Figlio di Dio (perché demonio separatore dubiti di questo quando tu stesso hai sperimentato cosa significa essere figlio e hai tradito l’amore di questo meraviglioso Dio-Padre?) e poi di’ a questa pietra che diventi pane. Il pane che tu invochi e pane materiale: ma l’uomo ha di che avere fame e certamente non solo di pane di cui ha realmente bisogno. La Parola diventa cibo perché nutre la fragilità, la debolezza interiore, il desiderio di essere felice sul serio. Ci vuole allora un altro pane, un altro cibo. Non di solo pane vivrà l’uomo.

Il demonio continua perché, ricordiamolo non si arrende mai e tenta sempre di più a staccarci al Padre. «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Tutti i beni mostrati, che sono dono di Dio, non possono mai sostituire Dio: come se io volessi sostituire i bigliettini dei baci perugina che parlano un certo amore, con l’amore vero che nutre un uomo e una donna, una moglie per il marito, un genitore per i figli, un figlio per i genitori, un amico per l’altro amico. Tutti i regni della terra sono nemmeno una briciola dell’amore che il Padre-Dio ci dona. E Gesù lo sa: lo sa anche il demonio ma lo ignora e lo dimentica. Perché vuole separare anche Gesù dal Padre, come lo vuole con noi.

La fermezza di Gesù ci incoraggia: è anche una questione di volontà resistere alle tentazioni separatrici del demonio. Sta scritto: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto. La miseria umana spesso si china, si piega a fare così: idolatria a tutto spiano. Ci inginocchiamo davanti al danaro, alla ricchezza, davanti al sesso, davanti alla bellezza seduttrice, davanti al successo comprato, spesso a caro prezzo della dignità umana. Si può resistere: adorerai il Signore tuo Dio: solo Lui ama e salva. Gli altri idoli seducono ed ingannano, poi deludono.

E il demonio torna alla carica: quanto vale Dio nella tua vita? «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Non saper accettare i propri limiti è sinonimo di arroganza, di presunzione: noi pensiamo che tutto ci è dovuto e che anche Dio si deve piegare alle nostre voglie, ai nostri desideri di conquista di…di… e non ci fermiamo mai. Non si può ridurre Dio al nostro volere: anche perché: seguitemi nel ragionamento: ma cosa doveva fare Dio per dirmi con i fatti che mi ama? Rileggiamo per un istante la prima lettura (Mosè, la memoria, quanto ha fatto il Signore per Israele…) ed il cerchio si chiude. Ma non basta. Noi siamo circondati, impastati di ogni gesto fatto da Dio per dirci che effettivamente solo Lui si è messo al nostro servizio ma non per proteggerci se ci viene voglia di buttargi giù dal un grattacielo moderno. Ci ha lavati i piedi la notte del tradimento fatto al Figlio, fa sorgere il sole sopra tutti noi, buoni o cattivi che siamo, ci dona la bellezza di un creato che non riempie solo il cuore, ci sostiene ogni giorno nel nostro cammino con una forza silenziosa e nascosta ma soprattutto efficace. Cosa dovrebbe fare di più questo Dio? l’amore è intriso e bagnato di quotidiano non di straordinarietà noi sperimentiamo che non sono gli angeli che vengono a servirci ma Dio in persona. Ci basta per rispondere al demonio?

Buona Quaresima a tutti. Da una Buona Quaresima dipenderà una Buona Pasqua.