13. Il tempo di Gesù tempo per l’uomo – La Buona Notizia
della III Domenica del Tempo Ordinario – 27 Gennaio 2019
a cura di don Carmine del Gaudio

Siamo entrati nel vivo del messaggio di Gesù: il messaggio è Lui stesso che si pone davanti a ciascuno di noi e a tutta la comunità umana come l’inviato del Padre per realizzare la nostra salvezza. Oggi ci dobbiamo confrontare con questa Persona-Messaggio e ci mettiamo in ascolto. Sì perché l’unica cosa seria da fare con Gesù che parla è ascoltarLo: perché ci dice parole vere, che curano le nostre ferite interiori, che aprono i nostri occhi verso un orizzonte tutto bello, un orizzonte in cui possiamo ritrovare noi stessi.
La nostra vita, le nostre case, le nostre stesse chiese, le nostre piazze devono diventare il luogo in cui Egli parla e ci chiede di aderire alla sua Parola di vita.
Mi riferisco innanziutto alla prima lettura odierna:
Dal libro di Neemìa (8, 2-4a.5-6.8-10)
In quei giorni, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere. Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge. Lo scriba Esdra stava sopra una tribuna di legno, che avevano costruito per l’occorrenza. Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore. I leviti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura. Neemìa, che era il governatore, Esdra, sacerdote e scriba, e i leviti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: «Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete!». Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge. Poi Neemìa disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza».
Il gesto di Esdra riveste un’importanza fondamentale nella vita di Israele. I suoi guai, i suoi problemi sono cominciati nel momento in cui Israele ha “dimenticato” il Signore: ha tralasciato l’osservanza della Legge, ha abbandonato i sentieri che la Parola ha tracciato per un cammino sicuro e protetto dalle inside del mondo. Potremmo dire che quando si lascia il Signore, ci troviamo in brutte acque a tutti i livelli. Il peccato del mondo di oggi è esattamente quello di pensare (delirio di onnipotenza fuori posto) che possa fare a meno di Dio (attenzione che questo non è bigottismo di maniera o discorso tipicamente pretesco per mettere paura: certamente è il discorso di un credente che sa quanto sia importante la Presenza di Dio nella vita de mondo che Egli ha creato: se questo mondo sfugge al suo amore creatore, se pensiamo noi di essere i nuovi dii della storia, ecco i nostri guai). Perché questo? Il Salmo 18 ci fornisce la risposta:
La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima; la testimonianza del Signore è stabile, rende saggio il semplice. I precetti del Signore sono retti, fanno gioire il cuore; il comando del Signore è limpido, illumina gli occhi. Il timore del Signore è puro, rimane per sempre; i giudizi del Signore sono fedeli, sono tutti giusti. Ti siano gradite le parole della mia bocca; davanti a te i pensieri del mio cuore, Signore, mia roccia e mio redentore.
Il popolo alla proposta di Eesra dirà: amen, amen: è il suo impegno solenne. E così farà.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (12, 12-30)
Fratelli, come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito. E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Se il piede dicesse: «Poiché non sono mano, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. E se l’orecchio dicesse: «Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato? Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l’occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; oppure la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi». Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano?
Con questa seconda lettura Paolo ci esorta a comprendere cosa fa la presenza di Cristo nella nostra vita: ci lega la suo cuore e ci rende capaci di “pensare insieme”, “vivere insieme”, “lavorare insieme”, “preoccuparci gli uni degli altri”, “non aver paura degli altri”, “gustare l’unità in cui si vive come risorsa la interdipendenza”: solo così si può realizzare la più bella sinergia di cuore, azioni e vita.
Dal Vangelo secondo Luca (1, 1-4; 4, 14-21)
Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Questo brano evangelico ci presenta Gesù che annuncia la presenza di Dio nella sotria con la sua opera: nello stesso tempo viene proclamato per noi tutti “l’oggi” di Dio che dipende però molto da noi. Se i nostri occhi sono rivolti a Lui e ascolteremo la Sua Voce, Lo lasceremo “fare”, la nostra vita personale e comunitaria diventerà davvero molto bella: come un’avventura che vale la pena vivere.