Il nostro sguardo rivolto verso il cielo ha scoperto domenica scorsa la vera bellezza, quella di Dio che il peccato aveva offuscato alla nostra vista. Con il cuore aperto di Dio, mediante l’opera di Gesù, si è riaperto anche il cielo e noi abbiamo potuto, purificati nel cuore e nello sguardo, ammirare e contemplare il volto stesso di Dio, il suo cuore pronto ad accogliere anche noi, perché suoi figli. La bellezza di Dio, lungi dall’essere secondo i canoni umani, è una bellezza che colma il cuore prima che gli occhi, apre la speranza e dimostra quanto abbiamo peduto nel monento in cui abbiamo cincischiato nel peccato: ed abbiamo perduto lo sguardo del cielo, immerso nel cielo.
Oggi la Solennità di Pentecoste, alla bellezza di contemplare il cuore del Padre nostro, ci ripropone la nostra dignità che va ben oltre la nostra fragilità.
Intanto chi è lo Spirito Santo che oggi ci viene donato dall’amore del Padre? È Colui che ci aveva promesso Gesù, quando, leggendo la nostra miseria umana, ci ha detto che di Lui non possiamo comprendere nulla se non con l’aiuto dello Spirito: Quando vi mandero il Paraclito Egli vi spiegherà ogni cosa… – così dice Gesù. Lo Spirito è lo Spirito dell’amore che invade l’anima umana e la rende capace di accogliere l’amire di Dio e diventa nel suo intimo l’abitazione del Dio Uno e Trino.
Intanto: lo Spirito Santo porta la rivoluzione benefica che sconvolge le menti, apre i cuori, plasma le volontà vincendo ogni sorta di paura, così come è capitato agli Apostoli e ai discepoli la mattina di Pentecoste:
Dagli Atti degli Apostoli (2, 1-11)
Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».
I fenomeni che accompagnano la discesa dello Spirito hanno il sapore della “radicalità”. La vita cristiana passa attraverso la radicalità evangelica che è il frutto più evidente dello spazio che il credente deve riservare allo Spirito. Quando entra lo Spirito accende, brilla, dà luce, brucia, trasforma. Infine invia, manda in missione.
Questo lo hanno compreso benissimo i primi discepoli che si sono sparsi nel mondo conosciuto ed hanno portato la Buova Notizia della Incarnazione di Gesù, venuto a salvarci per amore del Padre. Ecco perché il Salmo Responsoriale (Salmo 103) ci fa invocare: Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra. Benedici il Signore, anima mia! Sei tanto grande, Signore, mio Dio! Quante sono le tue opere, Signore! Le hai fatte tutte con saggezza; la terra è piena delle tue creature. Togli loro il respiro: muoiono, e ritornano nella loro polvere. Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra. Sia per sempre la gloria del Signore; gioisca il Signore delle sue opere. A lui sia gradito il mio canto, io gioirò nel Signore.
Ma la vera trasformazione operata dallo Spirito è descritta da Paolo con delle note che hanno il sapore autobiografico
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (8, 8-17)
Fratelli, quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete. Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.
Chi conosce Paolo di Tarso potrà verificare quanto siano reali ed incrnate dentro di lui queste realtà che egli proclama per ogni credente. Paolo non ha solamente accolto il Figlio di Dio, non ha solo fatto spazio allo Spirito ma ha lasciato che la divinità prendesse possesso del suo cuore e della sua vita.
A massima espressione dell’azione dello Spirito dentro di noi è il grido-preghiera: Abbà, Padre con il quale dalla Pentecoste in poi possiamo gridare a Dio con la fiducia dei figli verso il Padre. Uno dei punti formidabili della presenza dello Spirito è che da noi scompare l’uomo carnale, l’uomo imbastito di terra: noi siamo sulla terra, siamo umani, ma non siamo della terra, non siamo del mondo, noi siamo cielo, dicevo la settimana scorsa, il cielo abita in noi. Dio abita in noi. La grande rivoluzione operata dallo Spirito nel credente di tutti i tempi è esattamente questa: brucia ogni scoria umana e ci fa vivere da figli di Dio, con lo sguardo e gli occhi rivolti verso il cielo, verso il volto del Padre.
Il vangelo che accompagna questa solennità ci presenta ancora una caratteristica: lo Spirito è insegnante dellie cose soprannaturali. Una cosa è certa che senza lo Spirito navighiamo nel buio più assoluto: non comprenderemo mai nulla del disegno di Dio. La volontà di Dio, nel profondo rispetto della nostra fragilità ci viene illuminata pian piano dalla presenza dello Spirito che ci guida alla conoscenza della verità che rivguarda la nostra vita e la nostra salvezza.
Dal Vangelo secondo Giovanni (14, 15-16.23b-26)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre. «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
Un ultimo pessaggio voglio cogliere in questa celebrazione ed in questa Parola del Signore: lo Spirito accompagna il Padre ed il Figlio nel momento in cui dal dientro del nostro cuore apriamo la nostra disponibilità e la Santissima Trinità prende dimora presso di noi: il nostro cuore, la nostra vita diventano la casa di Dio. Che grandissima dignità! Mi sembra di sognare quanto diceva Mosè: non si è mai udito che un Dio cammini con la sua creatura: non solo: ma di più: che una Dio dimori nel cuore delle sue creature.