32. Se mangiamo viviamo. La Buona Notizia della Solennità del Corpus Domini
14 Giugno 2020 – a cura di don Carmine del Gaudio

Nel Vangelo risuona un verbo sulla bocca di Gesù che mi ha sempre colmato di gioia indicibile. Il verbo è “rimanere” e risuona come invito di Gesù tutti noi per amare e credere in Lui per “rimanere” nel suo amore. Se mi amate “rimanete nel mio amore”.
Mentre lo chiede a noi, prima ancora lo ha chiesto prima di tutto a se stesso.
Tutto il mistero dell’Incarnazione si muove come inizio e come sviluppo su questo desiderio di Dio di amarci non con un amore passeggero ma con un amore che si identifica con la “stabilitas”. Egli è venuto per rimanere con noi. Che bello riascoltare la sua voce quando ci proclama che non ci avrebbe lasciati orfani ma sarebbe rimasto sempre con noi fino alla consumazione dei secoli! Tutta la liturgia di oggi è un inno a questa presenza di amore accanto a noi: anzi.
Dire Eucaristia ci richiama prima di tutto la Cena Ultima ne Cenacolo quando, dopo aver lavato i piedi ai discepoli Gesù prende il pane e lo dona come il suo Corpo: lo stesso fa con il calice del vino: lo trasforma nel suo Sangue con cui sancisce la Nuova ed Eterna Alleanza.

Il servizio di amore che Gesù vive lo rende perpetuo: ogni volta che fate questo fatelo in memoria di me: e affida questo compito meraviglioso a noi sacerdoti che siamo legati in modo straordinario all’Eucaristia: che diventa il modello, il punto di riferimento, la dimensione del nostro vero ed effettivo servizio sacerdotale.
Il verbo rimanere di cui parlavo all’inizio ci lascia vedere questa duplice azione: la prima, di Dio verso di noi: Egli rimane sempre con noi, anzi vuole diventare la nostra forza, il nostro cibo: questa è l’altra dimensione che l’Eucaristia ci dona. Mangiando le sue carni immacolate e bevendo al calice della vita, noi diventiamo con Lui una sola cosa: ed ecco la forza nuova che ci spinge poi verso la piena comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. appunto alla dimensione del cibo come forza acquisita ci richiama la prima lettura, in riferimento a quanto accaduto nel deserto del Sinai:

Dal libro del Deuteronòmio (8, 2-3. 14b-16°)
Mosè parlò al popolo dicendo: «Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato o no i suoi comandi. Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore. Non dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz’acqua; che ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri».

Questa azione meravigliosa di Dio conforta il popolo e ci lascia intravedere una prospettiva che ci riporta all’Eucaristia, frutto del dono di Dio, frutto del suo amore, della sua vicinanza al suo popolo eletto.
L’esperienza che noi viviamo ogni giorno ci richiama al senso del viaggio in cui abbiamo bisogno tutti di forza e vigore. E non possiamo aspettarci nulla dagli uomini che se rispondono, ci rispondono per quello che è loro possibile: con cosa passeggere e che non possono riempire la nostra esistenza che brama a della cose più piene. L’Eucaristia, proprio perché è la presenza di Dio dentro di noi, ci riempie di gioia e di speranza.

Il principio della comunione che l’Eucaristia crea dentro di noi viene richiamato da Paolo nel seguente brano:

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (10, 16-17)
Fratelli, il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane.

Questo solenne richiamo, anche alla luce della Comunità Trinitaria che abbiamo contemplato domenica scorsa chiede che ogni cristiano che mangia dell’unico Corpo e beve dell’Unico Calice, è chiamato all’unità che deriva profondamente dalla Comunione: non si capisce come si riesca a fare comunione con Cristo e, mangiando tutti lo stesso cibo, possiamo poi vivere ignorandoci gli uni con gli altri: quando non ci capita di fare anche opera deleteria contro la Comunione. Significa stracciare ancora una volta la veste di Gesù.
La Comunione certamente è esigente: comporta un allenamento a morire: Gesù per rimanere con noi, ha tracciato la strada della morte per essere, nascosto dento il nostro tessuto di vita.

Dal vangelo secondo Giovanni (6, 51-58)
In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Siamo all’indomani della moltiplicazione dei pani: alla gente che pensa di aver risolto un problema di ordina materiale, Gesù fa una lunga ed articolata catechesi in cui proietta il cuore e la mente di coloro che hanno mangiato pane in abbondanza, verso una dimensione nuova del cibo: quello che non perisce. È una dimensione completamente nuova che è legata no ad un pezzo di pane ma è legata solo alla persona di Gesù: ecco l’esplosione di Gesù: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Questa rivelazione sconvolge tutti: è un ragionamento a assurdo per gli uomini: non certamente per Dio.
Per concludere una domanda di fondo: può un cristiano vero ed autentico, non mangiare l’Eucaristia come cibo che non perisce, come presenza e come compagnia degli uomini e delle donne di questo mondo? E come si fa ad affrontare le difficoltà della vita se manca questa forza interiore che solo Gesù, il Figlio di Dio, potrà donarci?
Bello il Salmo ( 147) con cui oggi si prega la Prima Lettura: Celebra il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion, perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte, in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli. Egli mette pace nei tuoi confini e ti sazia con fiore di frumento. Manda sulla terra il suo messaggio: la sua parola corre veloce. Annuncia a Giacobbe la sua parola, i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele. Così non ha fatto con nessun’altra nazione, non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi.

Domenica
dall’Ex Cattedrale
di Santo Stefano Protomartire
in Capri
alle ore 11.00
in live streaming
Santa Messa
sulla pagina facebook
nuova capri
nuovacapri.tv