59. Non è la fine – La Buona Notizia
della XXXIII Domenica del Tempo Ordinario
17 Novembre 2019 – a cura di don Carmine del Gaudio

Cosa c’è da rallegrarsi, verrebbe voglia di domandarsi leggendo i testi delle liturgie di queste ultime domeniche dell’anno liturgico! Si prospetta la fine della vita terrena cui inevitabilmente siamo tanto attaccati eppure la Chiesa esulta. C’è da rimanere quantomeno stupiti.
Risentiamo il Salo 97 che riecheggia la pima lettura e la trasforma in preghiera: Cantate inni al Signore con la cetra, con la cetra e al suono di strumenti a corde; con le trombe e al suono del corno acclamate davanti al re, il Signore. Risuoni il mare e quanto racchiude, il mondo e i suoi abitanti. I fiumi battano le mani, esultino insieme le montagne davanti al Signore che viene a giudicare la terra. Giudicherà il mondo con giustizia e i popoli con rettitudine.
Cantati inni con la cetra…con le trombe…risuoni il mare…i fiumi battano le mani, esultino insieme alle montagne… sembra di navigare nell’assurdo, eppure…
Tutto dipende da quale prospettiva ci mettiamo: da una prospettiva solo umana, e, sottolineo, solo umana, metteremo l’accento “sulla fine”: e tutto ci sembra assurdo, catastrofico, anche per il linguaggio apocalittico che viene usato dallo stesso nostro Maestro Gesù che i adegua al linguaggio in uso al suo tempo per catechizzare l’urgenza di comprendere certi argomenti, vitali per la nostra esistenza. Perché viviamo? Quale obiettivo dobbiamo raggiungere? È questo il vero senso della nostra esistenza?
Se ci mettiamo dalla prospettiva della fede, allora cambia davvero tutto: metteremo l’accento “sul fine”: il che significa aprirci al mistero della grazia. La grazia è la bontà del Signore che vuole portarci alla sua intimità, farci trascorrere senza tempo, la nostra eternità nella sua beatitudine. Questo il vero fine della nostra vita.
Che bello: facciamo memoria dell’antico catechismo che ci ricordava: Dio ha creato tutto per l’uomo, ma l’uomo è stato creato per conoscere, servire e amare Dio, per offrirgli, in questo mondo, tutta la creazione in rendimento di grazie ed essere elevato alla vita con Dio in cielo. Solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo predestinato a riprodurre l’immagine del Figlio di Dio fatto uomo, che è la perfetta «immagine del Dio invisibile» (Col 1,15).
Si apre il cuore alla speranza: come già prospettava Malachia:
Dal libro del profeta Malachìa (3, 19-20)
Ecco: sta per venire il giorno rovente come un forno. Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà – dice il Signore degli eserciti – fino a non lasciar loro né radice né germoglio. Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia.
Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia. Questo il seme di speranza che ci consola.
Rimane sempre da chiarire: il fine è questo e, nella fede, lo possiamo comprendere e accettare anche volentieri: ma: come dobbiamo poi vivere in questa vita terrena? Lungo il corso dei secoli vari movimenti hanno cercato di dare una risposta: li vorrei sintetizzare così: alcuni hanno detto, e forse dicono ancora, che noi non possiamo fare nulla, che tutto è già scritto, che è ineluttabile che tutto vada in un certo modo. Altri dicono che la vita inizia, si snoda e finisce qui sulla terra: per cui è inutile fare qualsiasi cosa, qualsiasi sacrificio meritorio. La Parola di Dio ci apre un’altra prospettiva: vivere in pienezza questa vita, accettando le varie vicende e vivendole in modo consapevole da veri credenti che guardano lontano, guardano in alto, guardano al cuore di Dio.
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési (3, 7-12)
Fratelli, sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi. Non che non ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare. E infatti quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi. Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità.
Il messaggio di questa lettura è chiaro: non è dell’uomo vivere nell’affanno, nella preoccupazione: ogni giorno porta la sua pena, il suo peso: a noi compete vivere bene l’oggi, lavorando e guadagnando il pane con serenità, cioè con la certezza interiore che quello che facciamo ci prepara la beatitudine eterna, se viviamo e facciamo tutto insieme e in comunione con il Signore. Chiaro che questa è la visione del credente che spiega la sua vita non solo come corpo materiale ma anche come anima intelligente che cerca la vera pienezza nella gioia.
Riusciamo allora a comprendere come questa vita altro non è che la preparazione alla vita della beatitudine. Salvo che il nostro comportamento scriteriato e insensato ci aiuti piuttosto a creare il nostro futuro eterno nella disperazione e nella lontananza dalla Beatitudine che è Dio: sarebbe questo il vero “inferno”!
Risentiamo il grande invito di Gesù: Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.
Dal Vangelo secondo Luca (21,5-19)
In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».
Questo testo ci aiuta a spostare la nostra riflessione, come dicevo innanzi, “dalla fine” “al fine”. Questo mondo è destinato a finire: questa esperienza ci tocca tutti da vicino: la morte ha già bussato in un modo o in un altro alle nostre porte: ci siamo resi conto che persone care, e un giorno sarà così anche per noi, oggi ci sono e domani non ci sono più. Tutto però ci porta a quella parola consolante del Maestro: Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita». Davvero preziosa agli occhi del Signore è la nostra vita: lo dovrebbe essere anche alla nostra attenzione. Speso siamo noi stessi che ci facciamo del male, disprezzando la nostra esistenza, banalizzandolo, facendo scelte che l’ammazzano, la rendono vuota e dannosa: penso alla droga, penso alle varie offese contro la sacralità e l’integrità della vita. Dio, invece, ha cura della nostra esistenza come un padre. nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.

La vita è preziosa a tal punto che per essa, per conquistarla a noi stessi, il figlio di Dio, Gesù, è venuto nel mondo e ha dato la sua vita, ha offerto la sua esistenza sulla croce, per riscattarci e per farci riconquistare la nostra vita: questa la vera risurrezione che Lui ha vissuto e che aspetta anche noi al termine di questo pellegrinaggio terreno, che viviamo con la tensione spirituale verso il cielo, verso l’eternità.