Il 43enne Friedrich Von der Horst venne arrestato a seguito della rapina del 30 dicembre 2016 messa a segno ad Anacapri ai danni di Gisa Pollio, che riportò anche serie lesioni.

Dopo l’arresto di Von der Horst disposto dal Gip il 21 marzo si celebrò il processo e l’imputato era già rinchiuso nel carcere di Poggioreale perchè accusato: del delitto p. e p. dagli artt. 61 n. 5 e 628 co. I e co. III n. 1 e n. 3 bis c.p., perchè, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, dopo essersi introdotto all’interno dell’abitazione di Pollio Giuseppina, con violenza consistita nell’afferrarla alle spalle, nell’impedirle di urlare coprendole la bocca, nel chiederle: “dove hai i soldi?” “i soldi, i soldi, dove stanno i soldi?”, e dopo averla scaraventata a terra nell’aggredirla con calci e pugni, si impossessava di una somma di denaro non qualificata custodita all’interno di un borsellino nonchè di preziosi monili presenti in casa, tra i quali due fedi nunziali in oro sottraendoli alla persona che li deteneva procurandole le lesioni di cui al capo 2… con le aggravanti di aver commesso il fatto travisato, nei luoghi di cui all’art. 624 bis c.p. e profittando delle condizioni di tempo, di luogo e di età della p.o. (75 anni), tali da ostacolare la pubblica e privata difesa. … del reato di cui agli artt. 61 n. 2, 582, 585 in relazione all’art. 576 c.p. perchè mediante le condotte descritte al capo 1 cagionava a Pollio Giuseppina lesioni personali (trauma cranio facciale con frattura delle ossa nasali, contusione escoriata gomito destro, contusioni multiple al collo e agli arti), con prognosi di giorni 30, come da referto del Pronto Soccorso dell’Ospedale G. Capilupi di Capri. … con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di commettere il reato sub 1. Recidiva reiterata specifica (dichiarabile delinquente abituale ex art. 102 e 103 c.p.).

Il processo si celebrò alla XI sezione penale collegiale del Tribunale di Napoli con il collegio giudicante composto dai giudici Maria Adele Scaramella, Stefania Riccio e Elena Di Tommaso, che l’8 marzo di quest’anno, pronunciarono la sentenza di condanna a carico di Friedrich Von der Horst: colpevole dei reati ascrittigli, e con le contestate aggravanti, riuniti i reati in continuazione lo condanna alla pena di anni otto di reclusione ed euro cinquemila di multa oltre spese, … ne dispone l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e interdizione legale per la durata della pena. … condanna l’imputato VON DER HORST Friedrich al risarcimento dei danni nei confronti delle costituite parti civili, Comune di Anacapri, in persona del Sindaco pro tempore e Pollio Giuseppina, che liquida in via equitativa in euro cinquemila per ciascuna di esse nonchè alla rifusione delle spese di costituzione e difesa della parte civile che si liquidano complessivamente nella misura di euro 3.000,00 oltre spese generali, iva e cpa.
In sede di processo il Comune di Anacapri per espressa volontà del primo cittadino si costituì parte civile, dandone incarico all’avvocato Mario Del Savio che si costituì parte civile anche per la vittima, Gisa Pollio. Friedrich Von der Horst si è sempre detto innocente per quel vile reato che aveva messo a rischio la vita della settantacinquenne anacaprese intorno cui tutta l’isola in solidarietà si era stretta. Le prove contro chi si professava innocente furono schiaccianti e il Pubblico Ministero Emanuela Persico chiese la condanna ad 8 anni e 8 mesi di reclusione e 6mila euro di multa oltre alle pene accessorie, la parte civile, ovvero il Comune di Anacapri e Gisa Pollio, attraverso il proprio legale, l’avvocato Mario Del Savio, chiesero la punizione dell’imputato anche per l’efferratezza dell’aggressione e rapina, mentre la difesa, l’avvocato Mario Bruno, sposò a pieno la tesi del suo assistito chiedendo l’assoluzione dell’imputato per non aver commesso il fatto. Nel corso delle udienze sono stati ascoltati anche diversi testimoni, indicati sia dal Pubblico Ministero che dalla difesa dell’imputato. Testimoni questi che non sono riusciti a cambiare una sentenza esemplare, rigida, ferrea, dove la vittima è una donna, il collegio giudicante è costituito da tre donne magistrato e il pubblico ministero è una donna e ciliegina sulla torta la sentenza, il dispositivo, è stato pronunciato l’8 marzo 2018. A metà gennaio dello scorso anno nuovacapri.tv dette la possibilità a Friedrich Von der Horst di discolparsi pubblicamente con una trasmissione in studio in web-streaming, che è stata anche citata nella sentenza di condanna ed ha rappresentato una prova della sua colpevolezza, la ricostruzione dell’allora indiziato della rapina ed aggressione faceva acqua da tutte le parti ed anche in sede di verifica operata dai giornalisti emerse che le tesi di Friedrich Von der Horst non erano credibili, o almeno le discrasie erano un po’ troppe.

 

Il 14 dicembre è stata stabilita l’udienza presso la II Sezione della Corte di Appello di Napoli, aula 312, dove inizierà il processo l’appello, e dove interverranno anche le parti civili. Il colpo di scena che si sta concretizzando in queste ore è che Friedrich Von der Horst, da due settimane agli arresti domiciliari presso una comunità terapeutica in Calabria, si dichiarerebbe colpevole. Una dichiarazione di colpevolezza che gli porterà ad avere certamente uno sconto di pena davanti alle sentenza che lo ha condannato ad 8 anni di reclusione e quindi potrebbe ritrovarsi la libertà prima del 2025. L’avvio in comunità terapeutica ha visto la non opposizione delle parti civili, a cui il Tribunale prima di concedere i domiciliari nella struttura della comunità ha chiesto il parere, al Comune di Anacapri ed alla vittima Gisa Pollio. La dichiarazione di colpevolezza potrebbe però celare anche un non ravvedimento del condannato, nel senso che non sempre è dettata dal dire la verità ed assumersi le proprie responsabilità, bensì anche dal fatto di usufruire di sconti di pena che alla luce della sentenza di primo grado in appello potrebbero essere impensabili senza il dichiararsi colpevole.
Di seguito la sentenza integrale di condanna di primo grado.

Von der Horst – Sentenza

TRIBUNALE DI NAPOLI
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI NAPOLI XI PENALE coll. C
Dr.ssa Maria Adele SCARAMELLA Presidente Est
Dr.ssa Stefania RICCIO Giudice
Dr.ssa Elena Di Tommaso GOP
Alla pubblica udienza dell’8 marzo 2018 ha pronunziato e pubblicato mediamente lettura del dispositivo la seguente
SENTENZA
Nei confronti di
Von Der Horst Friedrich, nato ad Anacapri il 26/12/1975
Detenuto per questa causa, presente
IMPUTATO
CONCLUSIONI
PM come da verbale: riuniti i reati in continuazione, condannarsi l’imputato alla pena di anni 8, mesi 8 di reclusione ed euro 6mila di multa, oltre alle pene accessorie.
PC, si riporta alle conclusioni scritte
Difesa come da verbale: assoluzione per non aver commesso il fatto.
IMPUTATO
1) Del delitto p. e p. dagli artt. 61 n. 5 e 628 co. I e co. III n. 1 e n. 3 bis c.p., perchè, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, dopo essersi introdotto all’interno dell’abitazione di Pollio Giuseppina, con violenza consistita nell’afferrarla alle spalle, nell’impedirle di urlare coprendole la bocca, nel chiederle: “dove hai i soldi?” “i soldi, i soldi, dove stanno i soldi?”, e dopo averla scaraventata a terra nell’aggredirla con calci e pugni, si impossessava di una somma di denaro non qualificata custodita all’interno di un borsellino nonchè di preziosi monili presenti in casa, tra i quali due fedi nunziali in oro sottraendoli alla persona che li deteneva procurandole le lesioni di cui al capo 2)
In Anacapri il 30.12.2016
Con le aggravanti di aver commesso il fatto travisato, nei luoghi di cui all’art. 624 bis c.p. e profittando delle condizioni di tempo, di luogo e di età della p.o. (75 anni), tali da ostacolare la pubblica e privata difesa.
2) Del reato di cui agli artt. 61 n. 2, 582, 585 in relazione all’art. 576 c.p. perchè mediante le condotte descritte al capo 1 cagionava a Pollio Giuseppina lesioni personali (trauma cranio facciale con frattura delle ossa nasali, contusione escoriata gomito destro, contusioni multiple al collo e agli arti), con prognosi di giorni 30, come da referto del Pronto Soccorso dell’Ospedale G. Capilupi di Capri.
In Anacapri, il 30.12.2016
Con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di commettere il reato sub 1.
Recidiva reiterata specifica (dichiarabile delinquente abituale ex art. 102 e 103 c.p.).
FATTO E DIRITTO
Von der Horst Friederich, sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere per questa causa dal 20\03\2017, veniva tratto in giudizio per rispondere del reato epigrafato con decreto di giudizio immediato del 15/05/2017 per l’udienza del 17\07\2017.
Al dibattimento, celebrato alla presenza dell’imputato, costituitesi ritualmente parti civili sia Pollio Giuseppina che il Comune di Anacapri in persone del Sindaco protempore, invocando il ristoro dei danni subiti, (CFR. Ordinanza collegiale del 18/09/2017 letta in udienza) escussi i testi di lista Pollio Giuseppina e Iaccarino Aniello all’udienza del 18/09/2017; Maria Edvige Strina, De Renzi Luca, Guarino Stefano all’udienza del 30/10/2017; Aurioso Francesca, Fabbrocino Michelangelo, De Vivo Antonio, Silvestre Emanuele, Confessore Vincenzo all’udienza del 27/11/2017, espletato nell’esame dell’imputato in pari data è sentiti per la difesa Von der Horst Alessia, Benevento Elena e Iaccarino Antonino il 05/02/2018, acquisita documentazione varia, le parti concludevano come epigrafato.
Sulla base degli atti indicati nessun dubbio sorge sulla responsabilità del prevenuto.
La ricostruzione dei fatti
Ed infatti emergeva che il 30 dicembre 2016 ad Anacapri all’interno della propria casa, Pollio Giuseppina, un’anziana signora nata nel 1942, subiva una violentissima aggressione.
Sorpresa – mentre dopo aver detto Rosario, si stava alzando dalla poltrona per inginocchiarsi davanti al televisore per ricevere la Benedizione, durante la celebrazione di una Messa che stava seguendo via etere, – alle 18:25 circa, veniva presa alle spalle da un uomo, col volto parzialmente coperto da un capello ed una sciarpa, indossante, tra l’altro, un paio di guanti neri(ed infatti la vittima ricordava che l’aggressore le aveva messo la mano, coperta da un guanto, sulla bocca) , un jeans ed un giubbino con la cerniera. Questi, dopo averle chiesto in insistentemente di dargli “i soldi”, la colpiva ripetutamente tramortendola, tanto che la sventurata perdeva i sensi e riportava gravi lesioni, certificate successivamente, con prognosi di 30 giorni.
Ella durante l’aggressione, aveva potuto vedere bene il suo aggressore, che le aveva messo il braccio vicino alla bocca, ed era alto una ventina di cm più di lei, cioè circa 1,70.
In particolare, l’uomo l’aveva aggredita, l’aveva colpita più volte, le aveva provocato la frattura del setto nasale e lesioni varie, trasformandole il viso in una maschera di sangue, e l’aveva lasciata così, svenuta nella sua abitazione, dove solo dopo circa due ore, – e dopo aver perso molto sangue – si era riavuta e aveva chiamato in soccorso il proprio genero. Si poteva così accertare che l’aggressore aveva sottratto gli oggetto d’oro di cui la vittima era in possesso, tra cui le fedi, alcuni gioielli. Ma la violenza era stata tale – e così, evidentemente, cieca – che una somma liquida di 100 euro che era vicino alla vittima non era stata presa.
Nell’immediatezza l’anziana, soccorso dai parenti e trasportata in ospedale – terrorizzata(come da lei più volte ripetuto a dibattimento), con gli occhi gonfi ed il volto tumefatto – non era in grado di effettuare il riconoscimento(il 30 dicembre alle ore 23:55).
Successivamente, però, effettuava dapprima individuazione fotografica – riconoscendo in ben 2 occasioni l’odierno imputato, che conosceva di vista per averlo visto ad Anacapri, Dapprima, il 31 dicembre alle 18:30 all’Ospedale esprimendo qualche incertezza (“riconosco nella fotografia n.5 la persona che mi ha aggredita ma non ne sono sicura non vedendo bene”), la seconda senza ombra di dubbio (il 03 gennaio 2017), come l’autore della sanguinosa rapina ai suoi danni- poi individuazione di persona(il 10 gennaio alle ore 12:30) nel rispetto delle modalità di legge – pure esprimendo la stessa certezza – ed infine ribadiva anche a dibattimento dinanzi al Collegio il proprio riconoscimento, avvicinandosi all’imputato e reiterato le sue accuse, certe, serene, non inficiate da alcuna incertezza.
Aggiungeva, inoltre, che la Polizia le aveva detto che il soggetto da lei riconosciuto aveva dei precedenti, ma che ciò era avvenuto solo dopo che lei lo aveva già individuato.
Il figlio Iaccarino Aniello – che tra l’altro trovandosi in Spagna, a Valencia, aveva telefonato alla madre alle ore 18:15- la nuora, Aurioso Francesca, il cognato, Fabbrocino Michelangelo ripercorrevano i momenti immediatamente successivi ai fatti, sottolineando in particolare lo stato di terrore della congiunta, che continuava a piangere anche molto dopo i fatti, e non era tornata a casa sua per molti giorni, per il terrore che l’aggressore potesse tornare. Il figlio sottolineava, inoltre, che il rapinatore era stato indicato dalla madre come avente un’andatura da “zombie”, morto vivente.
La P.G. ricostruiva con precisioni le indagini effettuate.
In particolare, dall’esame, dei filmati delle telecamere posizionate nei pressi dell’abitazione della Pollio, e poi in vari luoghi strategici di Anacapri, poteva senza dubbio affermarsi che: l’imputato in compagnia della propria figlia Alessia passava una prima volta alle 18,11 dinnanzi al cancello dell’abitazione della Pollio (la telecamera non riprende direttamente il cancelletto d’ingresso dell’abitazione, ma solo fino a 20 metri più a valle) e poi ripassava in direzione opposta, sempre in compagnia della figlia alle 18,13, come registrato dall’apparecchio posizionato di fronte all’abitazione della vittima Successivamente scompariva dalle telecamere, in particolare non compariva nei filmarti delle altre posizionate lungo il percorso: lungo, cioè quella stessa strada, via Caprile, (o in caso di percorso alternativo, da altra telecamera che ha come visuale sia via Pagliaro che via Orlandi), per ricomparire soltanto alle 19,28 al centro del paese da solo, e poi alle successive 20,12 con la figlia ed alle 20,18 con i figli.(cfr. filmati delle telecamere, fotogrammi estrapolati, planimetria dei luoghi realizzata dagli inquirenti e prodotta agli atti).
Il teste Guarino Stefano, Sovrintendente Capo presso il Commissariato di Capri, specificava che percorrendo le strade pubbliche non e’ possibile arrivare o allontanarsi da casa Pollio senza essere visti dalle telecamere. L’unico modo e’ quello di introdursi nel cantieri o nei campi dietro l’abitazione, scavalcare la recinzione e fare quindi percorsi “non pubblici”, alternativi, che possono comportare violazioni di domicilio, accesso al cantieri, piccoli sentieri (cfr. pg 36 ud 300017). Anzi , il teste De Vivo Antonio riferiva proprio di aver ripercorso con altri colleghi, un tragitto alternativo (tratteggiato sulla piantina prodotta in dibattimento), che attraverso sentieri consentiva di muoversi- senza essere ripresi dalle telecamere- da casa delia Pollio {cfr. pg 18 ud 271017).
L’imputato, inoltre, il giorno dopo, nel pomeriggio alle ore 16,30, veniva sottoposto a controllo in porto a Capri, di ritorno da Napoli , in compagnia della figlia, in possesso di una somma cospicua di denaro, e di vari oggetti acquistati (due cellulari, alcuni capi d’abbigliamento).
Durante una perquisizione domiciliare il 7 gennaio a casa dell’imputato, venivano rinvenuti e sequestrati, nascosti dietro un mobiletto, oggetti vari tra i quali un piede di porco e due passamontagna, e guanti neri nonche”, in una intercapedine del controsoffitto, un paio di scarpe chiare, una sciarpa ed un cappello. Successivamente, poi, a Poggioreale veniva sequestrato un giubbino chiaro- simile a quello effigiato nei fotogrammi- col quale l’imputato si era recato in carcere.
Il prevenuto aveva rilasciato un’intervista ad una giornalista locale, scaricabile da You Toube, in cui riferiva i suoi movimenti in concomitanza della rapina (cfr. dep. Strina Maria Edvige, dirigente del Commissariato di Polizia di Capri, De Renzi Luca, Guarino Stefano, Sovrintendente Capo presso tale Commissariato, De Vivo Antonio, Silvestre Emanuele, Confessore Vincenzo,)
L’imputato nel corso del suo esame si professava innocente, dichiarava di essere stato ingiustamente accusato a causa dell’evidente inimicizia mostrata dalle forze dell’ordine nei suoi confronti anche per il passato (aveva anche del precedenti per droga) tanto che non erano state Indagate altre piste, in particolare quella di operai che stavano lavorando in nei pressi della casa della Pollio.
Egli dichiarava di essere stato sempre in compagnia della figlia, di aver atteso l’uscita dei propri figli maschi dal Cinema e di essersi poi recato a prelevare l’ultimo figlio, che era andato a giocare una partita di calcetto. Aggiungeva di non portare solitamente i guanti, ma che in quel periodo a causa di un taglio al dito e del freddo, li usava la sera. Dichiarava di non portarli nemmeno quando esercita ii proprio mestiere di muratore (con cio’ rispondendo in modo difforme rispetto a quanto affermato al GIP, dove aveva invece affermato di usare i guanti quando lavorava, come evidenziato con formale contestazione dal PM). Nel verbale d’interrogatorio reso il 24 marzo 2017 dinanzi al GIP, ed acquisito stante le contestazioni, ex art 503 cpp, egli si riportava esplicitamente al contenuto della propria intervista a You Toube (prodotta su supporto magnetico dal PM).
Vonder Horst Alessia, sentita ex art 210 cpp, in quanto indagata per lo stesso fatto dinanzia al Tribunale per i minorenni, confermava le dichiarazioni del padre; Benevento Elena , amica della sig.ra Pollio, riferiva che la poverina era completamente deturpata nell’immediatezza e che le aveva confidato, quando lei era andata a trovarla In ospedale, di non ricordarsi piu’ niente, oltre alla circostanza di essere stata aggredita alle spalle dalle persona che “l’aveva riempita di mazzate” e ripeteva” soldi, i soldi” e l’aveva buttata a terra, e che, Inoltre, questi parlava non in un dialetto straniero ma “di qua, di qua”.
Iaccarino Antonino pur dichiarando di essersi recato spesso a prelevare- insieme al proprio – anche il figlio dell’imputato di ritorno da una partita di calcetto, non era in grado di ricordare se cio’ fosse avvenuto anche la sera della rapina, e dunque ne’ confermava la tesi dell’imputato, ne’ forniva alcun utile apporto alla ricostruzione dei fatti.
L’inquadramento giuridico
la rapina è delltto plurioffensivo, lesivo in uno dell’interesse patrimoniale e dell’incolumità personale della vittima, tradizionalmente rispondente alla fattispecle complessa di cul all’art. 84 c.p., in quanto i delitti di furto e di violenza privata ne sono unitamente elementi costitutivi.
Elemento materiale del reato è, infatti, una condotta di sottrazione e di impossessamento della cosa mobile altrui posta in essere con minaccia 0 violenza nei confronti della vittima.
Con specifico riguardo alla violenza quale elemento costitutivo del reato in esame, essa non va intesa nel significato restrittivo di costringimento fisico, quanto piuttosto in modo tale da ricomprendervi qualunque comportamento dell’agente atto a escludere assolutamente la libertà fisica o psichica della persona offesa, costringendola senza effettivi margini di alternativa, a fare, ad omettere, a subire alcunché di contrario alla propria volontà (Cass. Pen., Sez. II, 11 ottobre 2012, n. 1176, “Il concetto di violenza rilevante ex art. 628 c.p. non va inteso soltanto nel senso ristretto di esplicazione di un’energia fisica direttamente sulla persona del derubato, ovvero come violenza fisica, consistente nella coazione materiale dinamicamente esercitata sulla persona offesa, da parte dell’agente o del concorrente, alla scopo di assicurarsi il possesso della cosa sottratta ovvero di assicurare a sé o ad altri l’impunità. Esso ricomprende, infatti, qualsiasi atto o fatto posto In essere dall’agente che si risolva comunque nella coartazione della libertà fisica o psichica del soggetto passivo che viene così indotto, contro la sua volontà, a fare, tollerare o omettere qualche cosa indipendentemente daII’esercizio su di lui di un vero e proprio costringi mento fisico”).
Sotto il profilo soggettivo il delitto dl rapina é connotato dalla presenza del dolo specifico, in termini di consapevolezza e volontà della condotta dl impossessamento della cosa mobile altrui, perpetrata o suggellata con I’uso dl minaccia o di violenza ai danni della persona offesa e finalizzata specificamente alla ritrazione di una qualunque utilità, materiale o morale, per sé o per altri dalla commissione del reato, indipendentemente dal fatto che detta utilità sia stata infine effettivamente conseguita (Cass. Pen., Sez. II, 7 dicembre 2012, n. 49265, “NeI delitto di rapina II profitto può concretarsi in qualsiasi utility, anche solo morale, nonché in qualsiasi soddisfazione o godimento che l’agente si riprometta di ritrarre, anche non immediatamente, dalla propria azione, purché questa sla attuata impossessandosi con violenza o minaccia della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene”)
Ora, nel caso in esame, è evidente che I’azione posta in essere, per la violenza, le modalità e Ie ripercussioni drammatiche sulla vittima, presenza tutti i caratteri del contestato reato
La valutazione delle prove
Attribuibilita’ alI’imputato
Le risultanze evidenziate, pertanto, non lasciano residuare dubbi circa I’ntegrazione dell’Ipotesi delittuosa della rapina In contestazione.
Certa appare I’attribuibilità dei fatti alI’imputato. Ed invero, la persona offesa effettuava molteplici individuazioni dell’imputato, non solo fotografiche e personali, ma perfino in dibattimento dove, avvicinatasi a lui, ribadiva con convinzione la propria accusa.
Ed invero una prima individuazione fotografica avveniva il 31 dicembre alle 18,30 aII’Ospedale, dove la p.o. manifestava qualche incertezza, (“riconosco nella fotografia n 5 la persona che mi ha aggredita, ma non ne sono sicura non vedendo bene”), la seconda, senza ombra di dubbio, interveniva il 3 gennaio 2017 (e, si osserva, le fotografie le erano sottoposte in ordine diverso e con numerazione differente).
Interveniva, poi, individuazione di persona (il 10 gennaio alle ore 12,30) nel rispetto delle modalita‘ di legge, dove pure la Pollio esprimeva la stessa certezza- ,ed Infine la vittima ribadiva anche a dibattimento dinanzi al Collegio Il proprio riconoscimento, avvicinandosi all’imputato e relterando le sue accuse, certe, serene, non inficiate da alcuna incertezza.
Aggiungeva, inoltre, che la Polizia le aveva detto che il soggetto da lei riconosciuto aveva dei precedenti, ma che ciò era avvenuto solo dopo che lei lo aveva già individuato
Ebbene l’atto d’individuazione diviene utilizzabile solo attraverso un vaglio giudiziale di attendibilità, secondo il prudente apprezzamento fattuale e giuridico, come affermato dalla prevalente e condivisibile giurisprudenza, ma nel caso di specie esso appare assolutamente veritiero ed affidabile in virtu’ proprio delle reiterazione e della conferma dibattimentale, nel pieno rispetto, peraltro, dei dettami normativi.
Attendibilità della persona offesa
Ed infatti , va precisato, in ordine alla valenza probatoria che possono avere le dichiarazioni della parte offesa del reato, qualora rappresentino la principale base giustificativa di un eventuale giudizio di responsabilità a carico dell’imputato, quanto segue.
Non può negarsi che la parte lesa sia portatrice di interessi in posizione di antagonismo, reale o virtuale, con quelli dell’imputato; tale circostanza, pur non portando ad un giudizio di Incompatibilità dell’ufficio di testimone con la qualità di persona offesa, impone tuttavia una più scrupolosa verifica di attendibilità della relativa testimonianza. Per costante giurisprudenza di legittimità, è dunque possibile che il giudice fondi il giudizio di responsabilità dell’imputato anche sulle sole dichiarazioni accusatorie della parte offesa, purchè ne appaia dimostrata, oltre che la rilevanza e la concludenza, anche la credibilità in relazione al complesso delle risultanze processuali (cfr. tra le altre, Cass. sez. |, n. 3220/92: sez. II, n. 8224/96; sez. I, n. 8548/96; sez V n 314000/2001; sez III 31/1/02 n 10155). Va dunque osservato Il principlo, affermato dalla Corte di Cassazione, SS UU penali, 24 ottobre 2012, n, 41461) secondo il quale: “le regole dettate dall’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone”
Trasferendo queste considerazioni sul piano concreto, va sottolineato come – nella vicenda processuale in questione – la presenza di numerosissimi – anche se non necessari – riscontri alle accuse rese dalla persona offesa, rendono assolutamente certa la ricostruzione dei fatti e la colpevolezza dell’imputato in relazione ad entrambi i reati ascrittigli.
Ci si riferisce agli esiti delle accurate investigazioni del Commissariato caprese, così come ribadite in dibattimento.
Deve in primo luogo sottolinearsi che l’orario nel quale è stata perpetrata la rapina, è stato stabilito con certezza dal momento che si inquadra dopo la telefonata del figlio della Pollio- ore 18,15- e prima della fine della Messa che in TV la P,0. stava seguendo – ore 18,30-.
E, con maggior precisione, durante la trasmissione nel momento che si colloca tra la fine del Rosario e l’inizio della Benedizione, che (come ricostruito in dibattimento, grazie sia alla testimonianza della vittima che dei riscontri documentali con l’acquisizione del prospetto del palinsesto della TV privata che trasmetteva la Messa), corrisponde alle 18,20-18,25.
Le riprese delle telecamere
Ebbene, Von Der Horst, ripreso dale telecamere a 20 metri dal cancello della vittima ne’’immediatezza dei fatti (alle 18,11 e poi alle 18,13 in senso opposto) scompariva, poi, dalle telecamere per un lungo periodo di tempo -dalle 18,13 alle 19,28- coincidente con quello nella quale è avvenuta l’aggressione, per le considerazioni esposte.
Ed inoltre non ricompariva più nelle riprese delle telecamere poste sul percorso che egli avrebbe dovuto fare, in particolare non compariva nei filmati delle altre telecamere posizionate lngo il percorso: lungo, cioè quella stessa strada, via Caprile, (o in caso di percorso alternativo, da altra telecamera che ha come visuale sia via Pagliaro che via Orlandi), per ricomparire soltanto alle 19,28 al centro del paese da solo, e poi alle successive 20,12 con la figlia ed alle 20,18 con i figli
Il percorso
Certa e convincente appare, poi, l’affermazione secondo la quale Von der Horst non avrebbe potuto spostarsi da casa della Pollio, per le vie “ufficiali”e canoniche, se non venendo ripreso da una telecamera.
E invece sarebbe stato possibile farlo, solo percorrendo campi, proprietà private e sentieri non monitorati, come riferito dai testi di PG che anzi avevano percorso tale itinerario alternativo.
E dunque dopo la ripresa delle 18,13 l’imputato, ove avesse percorso l’itinerario atteso, avrebbe dovuto essere immortalato da altra telecamera.
Ciò non è stato.
E, poichè il pervenuto ricompariva improvvisamente dopo, -alle 19,28- in altro punto – a Piazza Cerio -, appare evidente che egli si sia mosso su un percorso alternative, non monitorato, attraverso campi, cancellate e giardini privati
Le dichiarazioni della persona offesa, appaiono ulteriormente rafforzate, oltre che dai già evidenziati resoconti delle telecamere, anche dalle palesi contraddizioni nelle dichiarazioni dell’imputato, come susseguitesi nel tempo.
I guanti. Nelle riprese delle videocamere è evidente che l’imputato indossasse i guanti.
Egli, sentito davanti al Gip il 24 marzo 2017 in sede di interrogatorio, inizialmente negava di indossarli, (“i guanti li uso per lavoro. Quando esco non li uso mai”) poi sosteneva- vista l’impossibilità di negare l’evidenza forse li indossava per proteggere una ferita della mano, ed infine in dibattimento dichiarava che per il freddo era costretto ad indossarli, così narrando tre diverse versioni di tale aspetto. Peraltro tale tassello appare fondamentale nella ricostruzione della vicenda, dal momento che la vittima ricordava di essere stata afferrata alle spalle dall’aggressore che indossava guanti neri.
La presenza della figlia Alessia
Ancora, il prevenuto in dibattimento affermava di essere stato sempre, tutto il pomeriggio, in compagnia della figlia alessia. Ebbene anche tale punto egli veniva smentito dalle riprese delle telecamere, dal momento che alle 19,28 ricompariva, da solo, in Piazza cerio.
Le somme
Riguardo, poi, alle somme di denaro di cui era stato trovato in possesso al porto il giorno dopo il fatto, dinanzi al GIP ne aveva rivendicato la piena legittimità indicando di averli ricevuti dal padre e dal fratello, in dibattimento sosteneva una diversa versione dal momento che arrivava perfino ad avanzare dubbi circa l’operato della Polizia.
Ebbene, proprio in virtù della ragionata elaborazione di tutte le risultanze processuali, è possibile senza dubbio alcuno pervenire alla conclusione che l’imputato durante il lasso di tempo nel quale non era stato monitorato delle telecamere, aveva compiuto la sanguinosa rapina e causato le gravi lesioni alla povera Pollio.
Ed invero: del reato contestato sussistono tutti gli estremi, oggettivi e soggettivi.
Elemento Materiale
Ricorre l’elemento materiale del contestato reato, costituito dalla minaccia o dalla violenza esplicata nei confronti del soggetto passivo, finalizzata all’impossessamento dell’altrui cosa. Rileva al riguardo il Collegio che quanto alle concrete modalità della violenza esercitata, essa si è nella specie realizzata addirittura attraverso l’aver causato lesioni tanto gravi da aver costretto la vittima ad una degenza di vari giorni e d ad una convalescenza di più di 30 giorni, basti pensare alle dichiarazioni del figlio il quale riferiva che solo grazie al mal funzionamento della stufa, la madre era ancora viva. Infatti, l’ambiente freddo, non riscaldato, ha impedito più copiosa fuoriuscita di sangue ed ha nel contempo consentito la sopravvivenza della sventurata.
Elemento soggettivo.
Neppure può dubitarsi della sussistenza del dolo specifico, apparendo evidente la cosciente volontà di sottrarre alla somma in suo possesso, in vista di un ingiusto profitto.
Sussistono poi le aggravanti contestate per aver commesso il fatto travisato, nei luoghi di cui all’art 624 bis e profittando di condizioni spazio temporali e dell’età della p.o., tali da ostacolare la pubblica e privata difesa.
E pertanto il contestato reato di rapina aggravata, appare realizzatosi.
Le obiezioni difensive e le controdeduzioni del Collegio
La difesa ha in primo luogo avanzato perplessità in relazioni alle modalità di riconoscimento, evidenziando che la vittima in un primo momento non aveva mostrato di essere in grado di riconoscere il suo aggressore, del quale, poi, solo in un secondo momento aveva effettuato descrizione e individuazione. Nell’immediatezza aveva invece affermato che trattavasi di un soggetto sconosciuto che, inoltre, parlava il dialetto caprese.
Ebbene, in relazione a tale obiezione deve, invece, osservarsi che appare più che naturale che una anziana donna martoriata, col viso coperto di sangue, sottoposta a un’aggressione di tale violenza da essersi potuta salvare solo grazie alle temperature rigide della casa dovute al cattivo funzionamento della stufa, fosse nell’immediatezza dei soccorsi in uno stato di agitazione ed alterazione.
E’ quindi più che giustificabile che nell’immediatezza non sia riuscita ad esprimere con precisione il suo pensiero, né a fornire informazioni utili agli inquirenti.
Peraltro, non può in alcun modo dubitarsi dell’individuazione certa, che ella effettuava dapprima in fotografia, poi personalmente ed infine anche in dibattimento, dove, dopo essersi avvicinata all’imputato e averlo guardato nuovamente, ribadiva il proprio riconoscimento senza ombra di dubbio.
Ne tale individuazione appare inficiata da possibili condizionamenti esterni: la persona offesa, infatti, specificava in dibattimento di aver udito i commenti delle Forze dell’ordine sui precedenti dell’imputato, solo dopo aver effettuato il riconoscimento.
La difesa, poi, metteva in luce che l’imputato non poteva essere stato visto in viso, dal momento che l’aggressore aveva il viso coperto (da cappello, sciarpa e guanti) ed, inoltre, aveva aggredito la vittima alle spalle.
Ritiene, invece, il Colleggio che tale riflessioni non siano dirimenti atteso che la Follio, per come messo incontrovertibilmente dall’istruttoria, aveva visto il suo aggressore, ma soprattutto ne aveva riconosciuto le fattezze, essendo un soggetto che ella conosceva bene di vista, per essere un abitante di Anacapri che, nei periodi diversi da quello estivo, è comunque un paese con un limitato numero di abitanti conoscenti tra loro.
Rileva, inoltre, il tribunale che l’aggressore, seppure iniziata alle spalle della vittima, si è poi svolta per diverso tempo e non può escludersi che sia continuata con modalità, non sicuramente ricostruibili, ma certo non incompatibili con una visione sufficiente dei caratteri dell’aggressore.
La vittima, infatti, è stata picchiata a lungo, ed è quindi probabile che nel notevole lasso temporale abbia guardato il suo aggressore, del quale, peraltro, in dibattimento ribadiva la sommaria descrizione, in ordine all’altezza, alla corporature, all’abbigliamento, allo sguardo*.
Ed appare, ugualmente, priva di pregio la tesi difensiva volta ad affermare che gli inquirenti intervenuti non avevano seguito altre piste, essendosi limitati ad indagare solo Von der Horst Friedrich. Ed infatti si osserva che, in primo luogo, tale assunto appare solo affermato ma non provato in modo adeguato, ed inoltre che ciò che rileva, per il Collegio, sono gli esiti complessivi dell’indagine e le prove certe che l’accusa ha prodotto nei confronti dell’imputato, che deve quindi essere dichiarato penalmente responsabile.
E nemmeno può trarsi alcuna conseguenza alla mancata indagine sugli indumenti sequestrati, a casa ed in carcere, all’imputato.
Ed invero, come già indicato in dibattimento, il notevole lasso temporale intercorso rispetto alle analisi, e dunque non processualmente utili nella ricostruzione dei fatti.
Così come le ulteriori richieste ex art 507 cpp, rigettate in dibattimento, (ed in particolare l’audizione di tale Vallefuoco Maria, peraltro non ulteriormente indicata), che, alla luce del complesso delle risultanze acquisite in dibattimento, non avrebbero potuto apportare alcun risolutivo contributo alla ricostruzione dei fatti.
Così come le ulteriori richieste ex art. 507 cpp, rigettate in dibattimento, (ed in particolare l’audizione di tale Vallefuoco Maria peraltro non ulteriormente indicata), che, alla luce del complesso delle risultanze acquisite in dibattimento non avrebbero potuto apportare alcun risolutivo contributo alla ricostruzione dei fatti.
Le lesioni Il reato sub b) le lesioni di cui agli art 61 n 2, 582, 585 anche in relazione all’art 576 cp
Quanto al reato di lesioni aggravate di cui al capo B) dell’imputazione, esso appare inconfutabilmente provato dal referto medico in atti, attestante: “trauma cranico facciale con frattura delle ossa nasali, contusione escoriata gomito destro, contusioni multiple al collo e agli arti, con prognosi di giorni 30’’, rilasciato all’ Ospedale Calilupi di Capri del 30/12/2016.
Pertanto non ne appare seriamente discutibile l’esistenza.
Inoltre, sotto il profilo soggettivo il dolo richiesto nel reato de quo è quello “generico”, consistente “nella consapevolezza che la propria azione provochi o possa provocare danni fisici alla vittima; non occorre, al contrario, che la volontà dell’agente sia diretta alla produzione di determinate conseguenze lesive”(Cass.n.17985/2009). E’ sufficiente, poi, a integrare il delitto di lesioni volontarie anche il dolo eventuale, “ossia la mera accettazione del rischio che la manomissione fisica della persona altrui possa determinare effetti lesivi”(Cass n.n 35075/2010).
Ebbene, è evidente che nel caso specifico il Von der Horst abbia agito contro la Pollio con la consapevole volontà di far subire alla donna una manomissione violenta.
Appare, inoltre, sussistente nel caso in esame la contestata aggravante vista la sussistenza del nesso teleologico tra i reati sub a e sub b.
Il trattamento sanzionario.
In considerazione delle allarmanti modalità del fatto, della negativa personalità del soggetto, gravato da precedenti specifici, e dalla condotta tenuta, volta a negare anche l’evidenza dei fatti – non appaiono concedibili le circostanze attenuanti generiche.
I reati, chiara espressione del medesimo disegno criminoso, vanno riuniti nel vincolo della continuazione sotto il più grave reato di cui al capo a.
Quanto poi alla sanzione da irrogare in concreto, tenuti presenti i criteri di riferimento indicati dell’art. 133 cp, si stima equo determinarla in anni otto di reclusione ed euro cinquemila,00 di multa, oltre spese. (Pena così determinata: PB: anni 5 di reclusione ed euro 2 mila di multa, aumentata per le aggravanti alla pena di anni sei di reclusione ed euro 3 mila di multa ulteriormente aumentata alla pena inflitta per la continuazione)
Consegue ex legge la condanna al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare in carcere.
Quanto alle sanzioni accessorie, promananti ex legge dalla sentenza, letti gli artt 29 e ss cpp, va disposta l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e interdizione legale per la durata della pena.
In ordine alle statuizioni civili, poi, letti gli artt. 538, 539 e 541 c.p.p., l’imputato Von Der Horst Friedrich va condannato al risarcimento dei danni nei confronti delle costituite parti civili, Comune di Anacapri, in persona del Sindaco pro tempore e Pollio Giuseppina, che liquida via equitativa in euro Cinquemila per ciascuna di esse nonché alla refusione delle spese di costituzione e difesa della parte civile he si liquidano complessivamente nella misura di euro 3000,00 oltre spese generali, Iva e Cpa.
Letto l’art. 544 c.p.p., riserva in giorni novanta il deposito dei motivi dichiara sospesi i termini di custodia cautelare durante la stesura della sentenza.
P.Q.M.
Letti gli artt 533, 535 cpp,
dichiara l’imputato Von Der Horst Friedrich colpevole dei reati ascrittigli, e con le contestate aggravanti, riuniti i reati in continuazione lo condanna alla pena di anni otto di reclusione ed euro cinquemila,00 di multa, oltre spese.
Letti gli artt 29 e ss cpp,
ne dispone l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e interdizione legale per la durata della pena.
Letti gli artt. 538, 539 e 541 c.p.p.,
condanna Von Der Horst Friedrich al risarcimento dei danni nei confronti delle costituite parti civili, Comune di Anacapri, in persona del Sindaco pro tempore e Pollio Giuseppina, che liquida in via equitativa in euro cinquemila per ciascuna di esse nonché alla refusione delle spese di costituzione e difesa della parte civile che si liquidano complessivamente alla misura di euro 3000,00 oltre spese generali, Iva e Cpa.
Letto l’art. 544 c.p.p.,
riserva in giorni novanta il deposito dei motivi dichiara sospesi i termini di custodia cautelare durante la stesura della sentenza.
Napoli, 08.03.2018

Il Presidente estensore
Dr.ssa Maria Adele Scaramella