19. Il Signore provvederà! – La Buona Notizia
della 3 Domenica di Quaresima – 15 Marzo 2020
a cura di don Carmine del Gaudio

La terza domenica di Quaresima cade in un momento storico che dobbiamo ricordare nella storia dell’umanità. Il “coronavirus” oramai è divenuto mondiale. Tutti ne saremo toccati per cui non ci resta che attendere un futuro migliore nel quale, con l’aiuto insostituibile di Dio Padre, che davvero ci ama da sempre e in modo indefettibile, saranno illuminati gli scienziati a trovare un rimedio efficace, con l’aiuto fattivo di tutti noi chiamati a fare degli enormi sacrifici.
Come vorrei che i lettori, e non solo noi, si capisse quanto è preziosa la nostra collaborazione: della serie che quando ci viene chiesto un sacrificio o di fare delle scelte, obbedendo è nel nostro interesse. Se vedessimo così anche le esortazioni del Vangelo o della Parola di Dio che non ci vuole mortificare se ci chiede digiuni, preghiere o altro. Anzi! Ma noi snobbiamo tutto perché lo riteniamo superfluo. Oggi non usciamo di casa, ci priviamo dell’aperitivo al bar, non possiamo andare in comitiva al pub o al ristorante! Speriamo di vedere il fondo strada. Signore aiutaci.
In questo senso la liturgia di oggi è di grande aiuto e conforto. Vediamo come Dio sta accanto al suo popolo nei momenti di difficoltà.

Dal libro dell’Èsodo ( 17, 3-7)
In quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?». Allora Mosè gridò al Signore, dicendo: «Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!». Il Signore disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani d’Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e va’! Ecco, io starò davanti a te là sulla roccia, sull’Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà». Mosè fece così, sotto gli occhi degli anziani d’Israele. E chiamò quel luogo Massa e Merìba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?».

Siamo in pieno deserto e, chiaramente, il deserto è privo di ogni confort: non è come una città anche piccola. Gli Ebrei che sono usciti dall’Egitto su comando del Signore, hanno una dura cervice ed una memoria molto corta (noi non siamo da meno, vero, amico lettore?) cominciano a recriminare contro Mosè perché hanno sete ed Egli li ha portati a morire in quel deserto. Rimpiangono le cipolle di Egitto e, memoria corta, si rivoltano contro il Signore.
Eppure da una roccia il Signore, con un semplice tocco di bastone di Mosè, fece sgorgare acqua fresca: in pieno deserto! Circa la memoria corta penso che non abbiamo nulla da invidiare agli Ebrei del deserto: spesso facciamo di peggio non solo contro Dio (poveretto colpevole sempre di ogni disgrazia che ci capita) ma anche contro i nostri genitori (non mi fai mai niente di buono) o dei nostri educatori in genere o dei nostri amministratori o delle nostre guide (non capiscono niente). Il Salmo 94 che preghiamo ci ricorda questa testa dura e ci invita
Ascoltate oggi la voce del Signore: non indurite il vostro cuore.
Venite, cantiamo al Signore, acclamiamo la roccia della nostra salvezza. Accostiamoci a lui per rendergli grazie, a lui acclamiamo con canti di gioia. Entrate: prostràti, adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti. È lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo, il gregge che egli conduce. Se ascoltaste oggi la sua voce! «Non indurite il cuore come a Merìba, come nel giorno di Massa nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere».
Abbiamo una garanzia che Dio non si dimentica mai di noi: lo dice apertamente S. Paolo che ci ricorda

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (5, 1-2. 5-8)
Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio.
La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.

La speranza non delude… perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. La garanzia viene appunto dalla presenza di questo amore che viene vivificato dallo Spirito Santo e che nei nostri cuori radica la certezza che Dio è al nostro fianco, specialmente nei momenti difficili.
Il cammino di ogni uomo è simboleggiato dal cammino di questa donna che dalla Samaria viene al pozzo di Sicar, ignara di un appuntamento di grazia che l’attende. Vuole attingere acqua e trova l’amore misericordioso di Dio.

Dal vangelo secondo Giovanni (4, 5-42)
In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua».  Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».
Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Una brevissima chiave di lettura di questo brano stupendo che sembra un dipinto in cui traspare il fecondo e profondo atteggiamento di Gesù verso la creatura bisognosa di aiuto. Questa donna con le sue scelte sbagliate di vita non era felice. È vero che cerca acqua per i bisogni personali e domestici: la cerca ma dietro questa ricerca si nasconde un animo che anela ad una realtà più profonda: ma non l’ha ancora trovata. È proprio nell’ <<intimior intimo meo>> di Agostino che anche questa donna troverà il Signore che mai pensava di poter avere, e proprio dentro di sé. Gesù la guida al viaggio dentro di sé che è poi il viaggio dentro il cuore di Dio. Ad una schermata iniziale mano a mano questa donna si scioglie e va incontro a Dio che le tocca il cuore tanto da guarirla e addirittura farla diventare missionaria. Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». È questo il messaggio che al mondo di oggi il credente può gridare perché nel mondo ogni uomo cerca una profonda felicità che il mondo stesso non potrà mai dare: è il mestiere di Dio fare felici i suoi figli: il mondo non ne è capace.