SERETICCIO MA..SEMPRE UTILE!

di Luigi Lembo

La lingua napoletana è ricca di termini introvabili in qualsiasi altro paese e cultura, parole così precise da non poter essere sostituite in alcun modo e che non avrebbero lo stesso valore dette in italiano. Essendo appena passata la Pasqua è, ad esempio, facile trovare in cucina avanzi di pane raffermo o di casatiello. Per noi capresi o napoletani in genere è pane “sereticcio”. La parola “sereticcio” indica proprio il pane vecchio di qualche giorno ed ormai duro. È quindi un sinonimo in tutto e per tutto dell’italiano “raffermo”; ma ciò non preclude la sua utilità ed importanza stessa nell’uso della cucina napoletana. Come sappiamo, la nostra tradizione culinaria è strettamente legata, da sempre, al civile ed attuale concetto che non si butta via niente. Figuriamoci il pane che da molti è ritenuto sacro ed il simbolo universale del cibo e della tavola. In questo contesto, quindi, il pane sereticcio non è qualcosa da scartare, anzi, un ingrediente a tutti gli effetti da conservare e sfruttare, guai a chi non lo fa. Un sinonimo di povertà? No! Il pane sereticcio, bagnato, è la base migliore per le polpette che senza di esso non resterebbero mai così compatte e gustose. Inoltre può sostituire la tradizionale fresella, sempre bagnato, magari ricoperto da pomodori, origano, olio ed un pizzico di sale. Può essere utilizzato per le bruschette, ma questa è una tradizione comune anche nel resto di Italia, oppure inzuppato nel latte al posto dei biscotti, come qualunque nonna napoletana fa ancora quando vuole “tenersi leggera” la sera. Non bisogna dimenticare, infine, che il pane sereticcio è la cosa migliore da sbriciolare in una buonissima zuppa di fagioli…traete le dovute conclusioni. Visto la sua importanza culinaria, resta misteriosa la sua origine etimologica: perché usiamo il termine “sereticcio”? Come molte parole napoletane, trae origine direttamente dalla tradizione classica, in questo caso dal latino. “Sereticcio” deriva, infatti, da “serus”, che in latino significa tardivo, prodotto da tempo, vecchio, così come è il pane dopo qualche giorno. La sua etimologia, però, rende il termine adatto a definire anche delle persone o, persino, situazioni. Una persona sereticcia è qualcuno arido di sentimenti o dal carattere duro e poco elastico, oppure qualcuno con atteggiamenti poco attuali e stantii. Per quanto riguarda le situazioni, invece, l’esempio più comune è quello di un “matrimonio sereticcio”, cioè un’unione che va avanti per abitudine e che, ormai, non offre più passione e sorprese ai due malcapitati coniugi. Una superstizione che invece vale a tavola, e che viene tutti i giorni affrontata, è quella del pane. Qualsiasi napoletano sa che il pane non va mai posto sotto sopra: porta sventura. Molte superstizioni profane sono state accolte dal cristianesimo cambiandone il senso, ed è proprio quello che è accaduto al pane. Sotto il misterioso punto di vista profano il pane capovolto pare sia ambasciatore di sfortuna e si abbatteranno diversi grattacapi per chi si macchierà dell’incauto gesto. Dal punto di vista della fede cristiana il pane simboleggia il corpo di Cristo, come si evince dall’Ultima Cena, dunque capovolgerlo a tavola significherebbe capovolgere anche il corpo e il volto del Salvatore. Un’altra credenza, invece, del tutto umana, risale al VII secolo quando il re di Francia Carlo VII costringeva i fornai a nutrire i boia. Questi, per protesta, fornivano loro del pane scadente e per capire quale fosse quello buono era consuetudine capovolgerlo. E in fin dei conti Paese che vai “superstizione” che trovi: ad esempio canadesi benedicono il pane prima di infornarlo; mentre gli ebrei gettano una pallina di pasta di pane nel forno, prima di cuocerlo, per offrire il primo pezzo a Dio. In Russia si fanno gli auguri con il pane. Chi lo riceve in dono non dovrà mai tradire il donatore; in Polonia invece, la sposa, finita la messa, dona agli invitati delle bambole di pane con all’interno una moneta come augurio.